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Trasformazioni, Disuguaglianze, Identità: Il XXI secolo cinese visto dal basso

Un elogio della voracità: Cina, Consumerism e Consumption

Un’ osservazione di Mark C Taylor ed Esa Saarinen dice che "il desiderio non mira alla sua soddisfazione, ma desidera se stesso". Per questo nelle nostre società consumistiche si espongono le persone a continue provocazioni attraverso le pubblicità. Bauman afferma che il mercato "seduce" i consumatori, ma affinchè la "macchina infernale" funzioni, dev’esserci un’utenza già predisposta e pronta a lasciarsi ammaliare. "Consumare" diventa in realtà una costrizione, ma "l’interiorizzazione dell’obbligo gli fa apparire la sua come una scelta libera". Noi consumatori abbiamo l’illusione di avere la situazione sotto controllo, e di decidere cosa tenere e cosa buttare; ma Bauman nota che in un mondo in cui l’uomo ha come partner e interlocutori privilegiati oggetti da consumare, chi gli garantisce che non sarà proprio lui a finire nel bidone della spazzatura?
Andrew Osvald del Financial Times osserva come nei Paesi ricchi e sviluppati con economie improntate sul consumismo le persone non si sentano più felici. Infatti lo stress per il troppo lavoro ed il disagio causato dallo sfaldamento dei legami interpersonali accrescono il senso di sfiducia, insicurezza e paura.
Bauman afferma che in una società orientata ai consumi l’alimentazione continua del desiderio è una colonna portante della struttura. La promessa di appagamento del desiderio conserva la sua forza di seduzione soltanto se il desiderio resta inappagato. E’ la celebrazione somma dell’ipocrisia, poichè questa società deve lanciare promesse esagerate o ingannevoli che vengono continuamente infrante, e "l’eccesso delle promesse neutralizza la frustrazione del consumatore".
Per questo l’economia di mercato è economia di "eccesso, spreco e illusione", e le civiltà consumistiche, che si trovino ad oriente o ad occidente del pianeta, sono comunque ridondanti ed orientate alla produzione e riproduzione dell’effimero, con un conseguente smaltimento continuo dei rifiuti.
Latham afferma che il consumismo è divenuto parte costitutiva della cultura cinese contemporanea; esso è visibile nei centri commerciali, dove miliardi di cinesi si riversano nel fine settimana celebrando ritualità dell’acquisto.
Proprio in questi centri commerciali che Ritzer definisce cattedrali del consumismo, si celebra di continuo una "mercificazione" della vita umana. Le leggi del mercato trattano allo stesso modo cose e persone, reificano l’individuo; come osserva Bauman "chi fa parte della società dei consumatori è costretto a seguire i medesimi schemi di comportamento cui vuole obbediscano gli oggetti del suo consumo".

All’alba del XXI secolo ciò che l’uomo planetario venera è la res, la cosa, prodotto della ragione umana. Gli uomini sono come "intimiditi dalla supremazia dei loro prodotti" e con il dilagare degli individualismi dilaga la vergogna, sentimento personale e non collettivo, sentimento che va compensato con l’acquisto continuo.

Nel testo intitolato Consuming China si analizza la differenza tra il termine consumption ed il termine consumerism; quando si parla di consumerism si fa riferimento al semplice consumo materiale, mentre parlare di consumption significa nominare un fenomeno che è già divenuto patologia, ed ha intaccato la sfera culturale. Latham afferma che la consumption, ovvero il consumismo cinese cronico è in evoluzione continua, ed influenza profondamente tutte le altre sfere culturali.

Nell’epoca delle frammentazioni temporali ed identitarie, sotto il regime del mercato, la cultura non è più necessaria per esercitare il controllo delle masse né per progettare e costruire nel lungo termine.Un antico proverbio cinese dice "Quando vuoi programmare per un anno pianta il grano, quando vuoi programmare per un decennio, pianta gli alberi, quando vuoi programmare per la vita, addestra e istruisci le persone." Ma la Cina consumista di oggi sembra aver voltato le spalle al proprio passato; non c’è più tempo per la continuità, per i progetti a lungo termine e per la cultura tradizionalmente intesa.
E’ una rivolta radicale contro la saggezza antica e contro gli insegnamenti della storia: uomo e cultura sono divenuti oggetti del consumo e devono omologarsi a quello che il mercato dei consumi richiede.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Trasformazioni, Disuguaglianze, Identità: Il XXI secolo cinese visto dal basso

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Informazioni tesi

  Autore: Marta Senesi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e letteratura afroasiatiche
  Relatore: Sabrina Ardizzoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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