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Aldo Moro: i giorni della prigionia. L'analisi del sequestro attraverso la lettura degli elementi italiani

La critica di Moro alla classe politica

Nei giorni della riunione della Camera, in uno scritto censurato dai brigatisti, Moro espresse delle dure critiche nei confronti del dibattito del 4 aprile. Moro giudicò tale incontro come "privo di vibrazioni umane come non mai". Lamentava il deficit generale del dibattito, in cui le posizioni emerse erano scarse e in cui non era stata presa in considerazione la possibilità da lui proposta di una scambio di prigionieri. Moro accusava la classe politica italiana, e in particolare il suo partito, di ridurre la battaglia per la democrazia al solo uso delle armi. In effetti la sua considerazione non era del tutto sbagliata, visto che non è difficile pensare che il 4 aprile se ci fosse stata una discussione vera e propria, essa sarebbe stata indirizzata al tema dell'ordine pubblico. Questo è dimostrato da un ulteriore irrigidimento della linea della fermezza che si ebbe proprio dopo la lettera che Moro inviò a Zaccagnini, recapitata il 4 aprile. In questa lettera Moro ribadiva la definizione di prigioniero politico e riconosceva una validità politica alle BR paragonandosi ai terroristi in carcere : "Sono sottoposto ad un difficile processo del quale sono prevedibili sviluppi e conseguenze. Sono un prigioniero politico che la vostra brusca decisione di chiudere un qualsiasi discorso relativo ad altre persone parimenti detenute, pone in una situazione insostenibile." Moro ripropone in questa sede la liberazione di prigionieri politici "Si discute qui se non sia possibile dare con realismo alla mia questione l'unica soluzione positiva possibile, prospettando la liberazione di prigionieri di ambo le parti, attenuando la tensione nel contesto proprio di un fenomeno politico". Moro inoltre nella lettera tende a precisare la sua lucidità, rispondendo così ai dubbi sull'autenticità dei propri scritti sollevati da alcuni dopo il recapito della lettera a Cossiga: "Tengo a precisare di dire queste cose in piena lucidità e senza aver subito alcuna coercizione della persona". Moro esprime la sua delusione nei confronti della fermezza assunta dalla DC, dichiarando: "Tener duro può apparire più appropriato, ma una qualche concessione è non solo equa, ma anche politicamente utile". L'attenzione a questa lettera fu molto limitata e sbrigativa e nessuno decise di ascoltare la richiesta di Moro di trattare con i brigatisti, anche perché questo significava ripensare una decisione che era stata presa tutt'altro che facilmente. Inoltre mentre era ancora in corso la seduta della Camera giunse la notizia dell'arrivo di un comunicato delle BR, in cui i brigatisti dichiaravano il loro disinteresse nei confronti di uno scambio di prigionieri.

A questo si aggiunse la lettera consegnata il 6 aprile che Moro scrisse alla moglie. In questa lettera Moro metteva in evidenza la difficile situazione dovuta all'irrigidimento della classe politica a qualsiasi proposta di scambio di prigionieri. Moro invitava inoltre la moglie a fare qualcosa affinché la situazione non peggiorasse: "Ora si tratta di vedere che cosa ancora con la tua energia, in pubblico ed in privato, puoi fare, perché se questo blocco non comincia a sgretolarsi un poco, ne va della mia vita". La famiglia di Moro reagì alla lettera impegnandosi a sostenere la validità del disegno politico illustrato da Moro nelle altre lettere. Fu dunque un impegno non solo sul piano umano ma anche politico.
In un documento non consegnato dalle BR e allegato a una lettera per la moglie, Moro sostiene inoltre la necessità di dare la possibilità alle BR di abbandonare lo scontro con lo Stato, offrendo loro una soluzione politica. Sosteneva questo richiamandosi alla flessibilità della sua politica, che aveva rappresentato la motivazione della linea di confronto con il PCI. Era secondo Moro contraddittoria la rigidità del PCI nei confronti del retroterra comunista a cui attingevano anche le BR. Al tempo stesso non riusciva ad accettare la subalternità democristiana alla rigidità dei comunisti, vista la necessità della DC di continuare a guidare la scena politica italiana.

Questi dunque i giudizi di Moro, anche se bisogna considerare il fatto che il presidente democristiano non era a conoscenza dell'evoluzione che la classe politica italiana aveva vissuto dal momento del suo rapimento. Innanzi tutto Moro non potava comprendere la nuova percezione del pericolo che le BR rappresentavano.
Il 7 aprile "Il Giorno" pubblicò un messaggio della moglie Eleonora, che conteneva espressioni di affetto nei confronti del marito e l'informazione che la situazione non rendeva possibile nessun contatto. La risposta di Moro fu immediata, e la lettera ancora una volta conteneva un ragionamento politico che partiva dal rifiuto da parte dei democristiani di accettare uno scambio di prigionieri. Con questa lettera Moro si distaccava nettamente dalla posizione presa dal suo partito: "Naturalmente non posso non sottolineare la cattiveria di tutti i democristiani che mi hanno voluto nolente a una carica, che, se necessaria al Partito, doveva essermi salvata accettando anche lo scambio dei prigionieri. Sono convinto che sarebbe stata la cosa più saggia. Resta, pur in questo momento supremo, la mia profonda amarezza personale".
Bisogna tenere in considerazione che non tutti i messaggi di Moro furono consegnati dai brigatisti. Molti di essi vennero infatti censurati. Le scelte dei brigatisti apparvero funzionali ad aumentare le pressioni dei familiari sulla DC: "Eravamo concentrati sulle missive più strettamente politiche, e quelle alla famiglia venivano portate a destinazione se contenevano indicazioni utili agli affari correnti, o per motivi di umanità". I brigatisti bloccarono inoltre i tentativi del presidente democristiano di coinvolgere ancora una volta il Vaticano. Moro chiedeva al Papa di favorire il processo di scambio di prigionieri politici. I brigatisti censurarono il messaggio, spaventati dall'idea che il Papa non sarebbe rimasto indifferente al nuovo appello di Moro. La censura dei brigatisti era dunque ispirata a chiari intenti politici.

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Aldo Moro: i giorni della prigionia. L'analisi del sequestro attraverso la lettura degli elementi italiani

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Informazioni tesi

  Autore: Gaia Germoni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze storiche
  Relatore: Giancarlo Pellegrini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 46

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