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La valorizzazione delle aree rurali nei territori della dispersione urbana. Il caso della Provincia di Treviso

Rivoluzione agraria

Parlare di rivoluzione agraria significa riferirsi a quel processo di trasformazione radicale che dall’Inghilterra si è esteso durante l’800 in tutto il continente, portando ad un significativo incremento della produzione agricola, attraverso un’agricoltura più intensiva.
Se fino ad allora il contadino per elevare il rendimento per ettaro doveva seminare in maniera più fitta e migliorare i sistemi di coltivazione, con la rivoluzione agraria, l’introduzione di piante foraggere e di radici a fittone, permise di accelerare la rotazione delle colture e ridurre il maggese. Tra tutte le diverse specie di semi delle foraggere, era solitamente preferito il trifoglio. Questa pianta era ricercata perché riusciva a migliorare il terreno per la grande quantità di bestiame che poteva nutrire, ed inoltre consentiva di preparare dopo due o tre anni lo stesso terreno alla produzione di grano. In quei tempi, il trifoglio si dimostrò uno dei mezzi disponibili più sicuri, per il miglioramento della maggior parte delle terre, soprattutto quelle argillose, o nei casi in cui scarseggiava il letame.
Le nuove rotazioni non erano solo causa di un aumento diretto della produzione agricola per unità di superficie, ma soprattutto consentivano anche di migliorare il rapporto tra numero di capi di bestiame e superficie coltivata. Il bestiame presenta la caratteristica di poter essere classificato allo stesso tempo dal lato dell’output e da quello dell’input, fornendo energia, concime, mezzi di trasporto costituiva senza dubbio l’elemento essenziale della composizione del capitale in un’agricoltura dell’età “prechimica” e “premeccanica”.
Comportando scarsi investimenti, le nuove colture fertilizzanti modificarono d’altro canto, l’utilizzo dei suoli. Grazie ad esse, divenne possibile impiegare suoli leggeri e sabbiosi, tanto che le terre cessarono di essere considerate marginali o abbandonate, ad esempio all’allevamento del montone, per accogliere il mixed farming.
I suoli argillosi e pesanti invece, considerati sino allora come i migliori terreni agricoli, vennero destinati sempre più all’allevamento e a soddisfare la domanda di carne, data la difficoltosa lavorazione e la poca propensione all’agricoltura intensiva fino alla metà dell’800, quando verranno messe a punto tecniche di drenaggio mediante canali di scarico e di pompaggio a vapore.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La valorizzazione delle aree rurali nei territori della dispersione urbana. Il caso della Provincia di Treviso

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Informazioni tesi

  Autore: Simone Casagrande
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università IUAV di Venezia
  Facoltà: Pianificazione del Territorio
  Corso: Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale
  Relatore: Laura Fregolent
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 126

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