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Satira, letteratura caricaturale e sperimentalismo linguistico nell'opera di Juó Bananére (1892- 1933)

Juó Bananére e la rivista «O Pirralho»: satira e stile maccheronico

Pode ser que ainda haja um futuro para o riso. Que acontecerá quando a máxima “a espécie é tudo o indivíduo nada” tiver penetrado até a medula da humanidade e quando todos tiverem livre acesso a esta suprema libertação? Talvez então o riso haja uma gaia ciência. (Andrade, 1945: 39)

Abbiamo voluto iniziare con queste parole di Oswald de Andrade il terzo capitolo della tesi per mettere in evidenza l’importanza stilistica propria di tutta l’opera di Alexandre R. M. Machado / Juó Bananére, la sua capacità di guardare il reale con ironia.

E allora chiediamoci, prima d’ogni altra cosa, sulla scorta soprattutto della riflessione al riguardo di Oswald de Andrade e di altri: «Che cos’è il “riso”?».
Il riso è l’espressione fisica e immediata della comicità e ha una doppia natura – come sempre annota de Andrade – di accoglienza e di esclusione: «Há um riso de acolhida e um riso de exclusão»; il riso è come «um cachorro que entra na igreja, a inadequação em várias de suas modalidades». (Idem)

Oswald de Andrade afferma inoltre che la satira – naturalmente nelle sue diverse forme di umorismo, di ironia, di sarcasmo, di parodia, di farsa, ecc. – è l’unica arte che, tramite il riso, riesce a essere critica e corrosiva, poiché «deflagra um estado de contenção, dribla o nervosismo, os autoritarismos e a pose. Instaura o insólito, o bizarro, o anormal». (Idem: 43)

Noi oggi non possiamo parlare di “arte del riso” senza considerare la visione rivoluzionaria del teorico russo Michail Bachtin. Questi si sofferma, soprattutto, sulle caratteristiche del “riso carnevalesco” – quello che sembra più affine all’arte di Juó Bananére come a noi interessa –, affermando che esso è l’espressione di un mondo complesso che ci permette di conoscere la natura profonda dell’essere umano, dell’arte e della letteratura satirica di tutti i tempi messe in rilievo dalla chiave comica.

Il riso, in genere, è un’espressione universale, ma è il riso carnevalesco che «atinge a todas as coisas e pessoas». (Hutcheon,1989: 22) Il riso è ambivalente, allegro e pieno di emozioni, ma, allo stesso tempo, ingannatore e sarcastico: libera le tensioni profonde che vengono mascherate a noi stessi tramite la proiezione in altri peronaggi. Giustamente, i comici antichi ricordavano de te fabula narratur, poiché lo spettatore non sembra rendersene conto.

Le caratteristiche del riso, infatti, sono più ampie e incisive di quanto non si creda. Ridere degli altri è ridere anche di se stessi, della propria insipienza di fronte alle idee originali dell’autore e alle manchevolezze del personaggio creato.

Questa può essere una delle chiavi per capire la forza satirica di Juó Bananére; il personaggio rende protagonista di tutte le sue vicende il riso esplicito e multiforme:

ri-se da ignorância do italiano seguríssimo de si; ri-se do italiano ignorante inconsciente de sua grossura e de seu ridículo pretensioso; ri-se da cultura dessacralizada; ri-se da postura de alguém que se pretende candidato à Gademia Baolista de Letras. (Viera, 1986: 1)


Il riso irriverente mette in risalto, quindi, l’abbandono di norme e abitudini che prima erano considerate importanti e avevano una loro funzione. Cosicché, «Juó Bananére em instentaneos rápidos, ágeis, descreve o momento buliçoso em que se definia a mesclagem cultural que generou o ítalo-paulista». (Antunes, 1999: 32)

I grandi artisti satirici si mostrano disinteressati allo status che l’arte può loro offrire e per nulla preoccupati dell’aspetto ufficiale ed economico delle loro produzioni. È stato detto che quando un artista si preoccupa del suo valore sul mercato, non è più un artista. Anche se questo atteggiamento fa sì che, ingiustamente, loro siano considerati artisti minori.

In Occidente, fin dall’epoca pre-romantica e, soprattutto, dall’affermarsi del Romanticismo in poi, si impone una posizione distaccata dal “mondo del riso” e una tendenza a disprezzare l’arte satirica come qualcosa di poco interessante, in particolare quando le sue fonti sono tratte dalla cultura popolare e dal carnevale.

Questo fa sì che si possa affermare – nelle parole di Cristina Fonseca – come «a profunda originalidade da antiga cultura comica popular não foi ainda revelada». (Fonseca, 2001: 34) Nella letteratura brasiliana, al contrario, è presente una comicità che sfugge alle regole borghesi sancite e si avvicina all’irriverenza e all’etica di alcune espressioni popolari e, soprattutto, a quel tipo di riso che, con Bachtin, potremmo definire “carnevalesco”.

Di fatto, tanto la cultura quanto la letteratura e le arti brasiliane sono intrise di spirito satirico, carnevalesco e originale, proprio dell’indole del Paese. Il pre-Modernismo è un periodo difficile per la letteratura brasiliana, facilmente soggetto a trasformazioni e tensioni. Ed è proprio in questo contesto che la figura di Alexandre R. M. Machado / Juó Bananére assume un’importanza unica, potendolo considerare uno dei principali scrittori satirici brasiliani di tutti i tempi. Nei suoi articoli letterari si presenta con profonda autoironia da vero ridente.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Satira, letteratura caricaturale e sperimentalismo linguistico nell'opera di Juó Bananére (1892- 1933)

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Rotili
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lingue e letterature moderne euroamericane
  Relatore: Brunello De Cusatis
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 136

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Parole chiave

satira
caricatura
juó bananére
alexandre ribeiro marcondes machado

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