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Globalizzazione: Effetti sul sistema economico e sul lavoro - Riflessi sul sindacato e nelle relazioni industriali

Il mercato del lavoro flessibile

A partire dagli anni ‘70, in seguito alle trasformazioni determinate dalla globalizzazione e dall’evoluzione delle modalità di produzione, il lavoro è cambiato profondamente, dando luogo sia a nuove professioni che enfatizzano l’elemento creativo, sia a lavori atipici che si caratterizzano, invece, per la precarietà e l’instabilità.

Le imprese, come si è detto, hanno affrontato la crisi della produzione di massa sperimentando nuovi modelli organizzativi e determinando in alcune nazioni il licenziamento in massa dei cosiddetti quadri intermedi ed in altre il pre-pensionamento di molti lavoratori (come in Italia).

L’esigenza di flessibilizzazione della forza lavoro determina non la (ri)nascita della disoccupazione come fenomeno di massa, ma la diffusione di una crescente precarietà. La flessibilità, cioè, porta a una radicale ristrutturazione sia nel mercato del lavoro che nelle condizioni lavorative, erodendo lentamente il modello produttivo fordista (fondato appunto sul rapporto di lavoro dipendente) e dando vita a nuove forme contrattuali e a nuove modalità di lavoro.

Queste trasformazioni hanno suscitato un dibattito tra chi vede in questo processo una possibilità di sviluppo e di crescita di tutti i lavoratori e chi, invece, vi vede una destabilizzazione dell’istituzione lavoro, accompagnata appunto dalla nascita di “nuove fasce deboli” e dalla crescita della “vulnerabilità sociale”.
In seguito ai cambiamenti intervenuti negli ultimi anni, è aumentato e si è diffuso un timore di precarizzazione del lavoro. Un altro elemento allarmante è dato dal rischio della desolidarizzazione del mondo del lavoro, causata dalle contestazioni attuate negli anni contro il sindacalismo.

Quello che appare evidente, è la messa in discussione del lavoro uniforme basato sulla stabilità e sulla sicurezza del posto di lavoro e tutelato dai diritti. Lo sviluppo dei lavori flessibili, oltre a modificare il concetto di lavoro, determina un diverso approccio tra il lavoro e l’identità lavorativa: Gallino sottolinea, infatti, che mentre, nel passato, il lavoro costituiva una fonte di sicurezza sociale, negli ultimi anni il processo di identificazione del soggetto all’interno della società tende ad essere sempre più legato alla contingenza e all’insicurezza.

Mentre il XX secolo ha contribuito a creare una società del lavoro, oggi ci si starebbe muovendo verso una società dei lavori, cioè una società in cui è presente e sempre più dominante una elevata differenziazione dei percorsi lavorativi tra i soggetti.

Per quel che riguarda il problema del difficile accesso a forme di impiego garantite Gallino parla di “numero chiuso”, una considerazione interessante perché contro-intuitiva rispetto ai dati sull’aumento dei tassi di occupazione che l’Italia ha fatto registrare in questi anni. Secondo lo studioso, «la diffusione dei lavori flessibili introduce nel mercato del lavoro il principio del “numero chiuso”.

Nella nuova economia il lavoro decente, con ciò intendendosi il lavoro stabile, ben retribuito, con buone prospettive di carriera e di gratificazione personale, non è destinato a scomparire. È piuttosto destinato a diventare il privilegio d’un numero limitato di eletti - intorno a un quarto, in media, di coloro che lavorano per ciascuna impresa. Attorno a loro ruoteranno sempre più vorticosamente circa tre quarti di lavoratori temporanei, nomadi, precari, gitani, di passaggio, in affitto».

Questo brano è tratto dalla tesi:

Globalizzazione: Effetti sul sistema economico e sul lavoro - Riflessi sul sindacato e nelle relazioni industriali

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Lulli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: UniCusano - Università degli Studi Niccolò Cusano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Michela Luzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 110

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