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Ricostruzione storica delle attività antropiche nell'Alta Val di Cecina e studio dei loro effetti ambientali sul T. Possera e su un tratto del F. Cecina.

Dal calore endogeno all'energia elettrica

Nel 1904, fu prodotta a Larderello dal Principe Ginori Conti, per la prima volta nel mondo, energia elettrica utilizzando l’energia meccanica del vapore emesso dal sottosuolo. L’energia elettrica utilizzata per accendere le prime lampadine nell’esperimento di Ginori Conti proveniva da un motore alternativo alimentato da vapore naturale del campo geotermico di Larderello. Nel 1914, con l’apertura della Centrale 1, la produzione di energia elettrica raggiunse i 250 KW con conseguente perforazione di pozzi per la ricerca e la produzione di vapore endogeno sempre più profondi e più produttivi. Nel 1944, prima della quasi totale distruzione del complesso industriale a seguito di bombardamenti, Larderello raggiunse una potenza installata di 126.800 KW, con una produzione annua di oltre 900 milioni di KWH.
Il 1950 per Larderello è sinonimo di ricostruzione e grossi ampliamenti, infatti, questo è l'anno in cui vengono finite le opere di ricostruzione degli impianti distrutti dal passaggio della guerra e l'entrata in funzione della Centrale 3, la più moderna e potente centrale geotermica al mondo del tempo. Nel 1959 la potenzialità delle centrali elettriche della "Larderello spa", nazionalizzata negli anni ‘60 e diventata di proprietà ENEL, raggiunse i 300.000 KW e la produzione annua superò i 2 miliardi di Kwh.
Nel 1970 la coltivazione della risorsa geotermica per la produzione di energia elettrica si stava estendendo ad altre aree della Toscana, nelle province di Siena e Grosseto. La potenza installata nelle varie centrali geotermiche toscane raggiungeva i 400 MW, di cui oltre il 90% delle centrali in provincia di Pisa. Negli stessi anni, in analogia ad altri campi geotermici in altre parti del mondo, si iniziò a riscontrare una diminuzione progressiva di pressione del vapore, tanto che l’incremento di produzione, nonostante i molti sondaggi produttivi perforati in quegli anni, risultò di gran lunga inferiore alle aspettative.
E’ all’inizio degli anni ’80 che iniziano i primi esperimenti di reiniezione dei reflui esausti delle centrali, che fino a quel momento erano scaricati direttamente nelle acque superficiali.
Infatti, effettuando una ricostruzione storica, basata sugli atti e delibere degli archivi comunali, si è accertato che inizialmente (fine anni '60) ENEL convogliava i fluidi di perforazione delle centrali di Larderello nel Torrente Possera, e della centrale di Castelnuovo nel torrente Pavone. Nel 1969, tramite una Lettera del sindaco L. Calvani al collegio degli ingegneri di Firenze, si cita la problematica dell’inquinamento del Cecina dovuta agli scarichi industriali delle centrali geotermiche dell’ENEL di Larderello, Castelnuovo, Serrazzano e degli stabilimenti SCL (ENI) di Saline e Larderello.
“Il Fiume Cecina ed i suoi affluenti Possera, Pavone, Trossa ecc.
erano anche fino a qualche anno fa ricchi di pesci e, quindi, frequentati dai numerosi pescatori della zona e di altre zone del fiorentino, del senese etc. La mancata attuazione, negli stabilimenti e nelle centrali suddette (stabilimento ENI del Boro e centrali geotermiche ndr), di adeguati impianti di depurazione e la immissione diretta dei rifiuti industriali nei corsi d’acqua vicini ha provocato in questi ultimi anni un serio inquinamento del F.Cecina e di alcuni suoi affluenti (Possera, Pavone etc.) provocando danni notevoli al patrimonio ittico e la indisponibilità di utilizzazione delle acque, non solo a scopi domestici, ma anche agricoli, data la presenza di acido cloridrico (stabilimenti ENI), borico etc.”.
Come già accennato all'inizio del paragrafo, è nei primi anni ‘80 che iniziano gli esperimenti di reiniezione dei reflui delle centrali nelle unità geologiche profonde, tramite l’utilizzo di pozzi non produttivi; è, infatti, del 1981 la DGRT n.9531 del 27/8/1981 con la quale si autorizza la reiniezione delle acque reflue delle centrali di Sasso e Serrazzano. L’attività di reiniezione diede in breve tempo ottimi risultati nella stabilizzazione delle pressione nel serbatoio geotermico principale, diventando un’attività fondamentale nello sfruttamento della risorsa e, di contenimento della contaminazione delle acque superficiali e sotterranee.
Si sottolinea, infatti, ancora una volta, che, fino all’entrata a regime complessiva su tutte le centrali delle attività di reiniezione, le condense dei vapori geotermici delle centrali erano scaricati direttamente nel reticolo idrografico. Ad esempio nel T. Possera e nel F. Cornia confluivano le condense delle due centrali geotermiche di Larderello e della centrale di Sasso, per complessivi 4 Mmc/anno.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Ricostruzione storica delle attività antropiche nell'Alta Val di Cecina e studio dei loro effetti ambientali sul T. Possera e su un tratto del F. Cecina.

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Cappellini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Scienze Ambientali
  Corso: Scienze della Terra
  Relatore: Stefano Rossi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 95

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Parole chiave

energia
ambiente e sicurezza
consulenza ambientale
indagini ambientali
acqua, aria, terra
inquinanti
inquinamento delle acque
val di cecina
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acquedotto di puretta
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