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Studio del potenziale genotossico del biossido di titanio TiO2 su colture cellulari di tursiope (Tursiops truncatus)

Comet assay

Il Comet assay (Single Cell Gel Electrophoresis o SCGE) rappresenta un test di genotossicità di facile allestimento, rapida esecuzione ed elevata sensibilità. Inoltre richiede quantità ridotte di substrato ed è applicabile in vitro e in vivo a numerosi tipi di cellule e tessuti differenti. Il Comet assay, allestito per la rilevazione delle rotture del filamento del DNA, prevede l’inglobamento delle cellule da esaminare in agarosio, la loro lisi, la denaturazione del DNA nucleare in tampone alcalino e la successiva elettroforesi. I filamenti di DNA che non hanno subito rotture migrano scarsamente e tendono a rimanere concentrati in un nucleoide, mentre i frammenti generati da rotture del filamento migrano in proporzione inversa alla loro lunghezza e peso molecolare. Al termine della migrazione elettroforetica, i nuclei vengono colorati con bromuro di etidio e visualizzati tramite microscopio a fluorescenza: il campione assume l’aspetto di una “cometa”, con una coda tanto più lunga e più intensamente fluorescente quanto più il DNA è frammentato, quindi quanto più è elevato il danno. L’entità del danno al DNA, in termini di rotture, viene stimata mediante l’acquisizione di due parametri: % di DNA nella coda (misurabile come intensità di fluorescenza dopo colorazione) e lunghezza della coda. A partire da questi è possibile calcolare il momento di coda (tail moment - TM), definito come il prodotto dell’intensità di fluorescenza relativa della coda per la sua lunghezza, che ingloba i due precedenti ed è anch’esso utilizzato come indice di danno al DNA (Collins et al., 1997; Collins et al., 2001). Per ogni campione di cellule esaminato vengono scelte in modo casuale 50 cellule, acquisendone le relative immagini tramite telecamera collegata a microscopio. Uno specifico software per analizzatore di immagini calcola per ciascuna cometa considerata i valori relativi ai parametri citati.
La corsa elettroforetica condotta in condizioni neutre permette di evidenziare solo rotture a doppia elica (DSB), in condizioni alcaline (pH = 12,1) permette di rilevare i frammenti derivati da rotture a singolo filamento (SSB), infine a pH maggiori (pH > 13) si evidenziano, oltre ai DSB e ai SSB, i siti labili agli alcali, i quali vanno incontro a rottura solo se sottoposti a condizioni drastiche, come ad esempio un pH molto elevato (Lindahl & Andersson, 1972). Una versione del Comet assay modificata per rilevare il danno ossidativo al DNA è stata messa a punto da Collins et al. (1996) e si avvale di enzimi quali formamido-pirimidin glicosilasi (Fpg) ed endonucleasi III. L’Fpg riconosce specificamente e sottopone a clivaggio le basi puriniche ossidate del DNA, in particolare 7,8-diidro-8-ossiguanina, 2,6-diamino-4-idrossi-5-formamidopirimidina, 4,6-diamino-5-formamido-pirimidina e piccole quantità di 7,8-diidro-8-ossiadenina, producendo siti apurinici. Questi a loro volta sono convertiti in rotture del filamento, grazie all’attività endonucleasica associata all’enzima. La endonucleasi III converte in rotture del filamento i siti in cui sono presenti pirimidine ossidate. La procedura di esecuzione del Comet assay modificato mediante l’uso dell’enzima Fpg è del tutto analoga a quella del test convenzionale, con l’unica differenza che la migrazione elettroforetica del lisato è preceduta dall’incubazione di quest’ultimo con l’enzima in oggetto. Il numero di frammenti prodotti dal trattamento enzimatico risulta direttamente proporzionale al danno ossidativo arrecato al DNA.
Il test può essere virtualmente applicato ad ogni tipo di cellula o tessuto (Sasaki et al., 2000). In pratica, mentre gli studi tradizionali che utilizzano tecniche di citogenetica sono in gran parte circoscritti ai linfociti circolanti e coinvolgono popolazioni cellulari proliferanti, il Comet assay è idoneo anche per le cellule non proliferanti e per cellule di tessuti specifici che rappresentano i bersagli diretti degli inquinanti ambientali: cellule della mucosa orale, della mucosa nasale, dei follicoli dei capelli, dell’epitelio interno del polmone, del lavaggio broncoalveolare, dell’esfoliato del colon, dell’epitelio della mucosa cervicale, dell’urotelio, della linea germinale maschile, provenienti da materiale bioptico etc. (Tice et al., 2000; Hartmann et al., 2003). È stato evidenziato che il Comet assay rappresenta un approccio percorribile e solido per indagare la genotossicità in vivo, dovuta alla somministrazione di composti specifici, a livello di numerosi tessuti ed organi nei roditori da esperimento, inclusi fegato, mucosa gastrica, duodeno, digiuno, polmone e rene (Hartmann et al., 2004).

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Studio del potenziale genotossico del biossido di titanio TiO2 su colture cellulari di tursiope (Tursiops truncatus)

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Informazioni tesi

  Autore: Stefania Tendi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Biologia
  Relatore: Marco Nigro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 95

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Parole chiave

tursiops truncatus
nanoparticelle
genotossicità
nanoparticles
biossido di titanio
comet assay
fibroblasti
leucociti
titaniuim dioxide
fibroblasts
leukocytes
genotoxicity

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