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Politica e religione nel pensiero filosofico di Bayle e Montesquieu

Il dispotismo in Montesquieu

Il concetto di dispotismo, sviluppato fin dall'antichità classica da Aristotele e non solo, trova in Montesquieu una trattazione sistematica ed esaustiva. Questa categoria viene presa in esame nella prima parte dello Spirito delle Leggi, anche se poi si trovano riferimenti anche nelle parti successive.

Fin dal libro II, il Presidente introduce la sua teoria delle tre forme di governo: monarchia, repubblica e dispotismo. Quando Montesqsuieu descrive le forme di governo, lo fa in maniera empirica; non stabilisce un principio a priori per cui tali forme devono presentarsi in un certo modo, ma vuole rendere conto di come effettivamente esse si presentano.

A questo proposito, ha una grande importanza il concetto di relatività là dove si afferma che non esiste una forma di governo unica e globale, bensì varie manifestazioni del potere che dipendono dalle diverse forme di convenienza. Non si ha quindi una relatività scettica ma si ribadisce l’importanza della descrizione empirica della realtà.

La sua prima preoccupazione è quella di scindere immediatamente il binomio tra monarchia e dispotismo. Ecco le parole che usa il Presidente nel primo capitolo del II libro: Esistono tre specie di governi: il repubblicano, il monarchico e il dispotico. (...)
Il governo repubblicano è quello nel quale il popolo tutto, o almeno una parte di esso, detiene il potere supremo; il monarchico è quello nel quale uno solo governa, ma secondo leggi fisse e stabilite; nel governo dispotico, invece, uno solo, senza né leggi né freni, trascina tutto e tutti dentro la sua volontà e i suoi capricci.

A differenza di suoi illustri predecessori quali Aristotele (384-322 a.C.), Macchiavelli (1469-1527) e Bodin (1529-1596), che considerano il dispotismo come una specie del genere monarchia, Montesquieu lo teorizza come una forma di governo a se stante.
L'elevazione del dispotismo al rango di tipo di governo, gli permette di disporre di una categoria atta a spiegare anche le realtà giuridico-politiche extraeuropee, specialmente asiatiche, rimaste fino al momento ai margini degli studi di scienza politica.

Come si è potuto notare, Montesquieu utilizza due criteri per distinguere le forme di governo: il numero delle persone che detengono il potere e il modo in cui viene esercitato. Così facendo, è netta la presa di distanza dal pensiero di Thomas Hobbes (1588-1679), per il quale l'unico criterio valido per classificare le diverse forme di governo era quello numerico. Lo stato monarchico e quello dispotico, hanno nel carattere delle leggi la loro principale differenza:

I poteri intermedi, subordinati e dipendenti, costituiscono la natura del governo monarchico, di quello, cioè, nel quale uno solo governa grazie a leggi fondamentali. (...) Queste leggi fondamentali suppongono necessariamente dei canali mediani per i quali scorre il potere: se infatti non esiste nello stato che la volontà momentanea e capricciosa di uno solo, non può esistere nulla di fisso, e quindi nessuna legge fondamentale.

In sintesi, il dispotismo corrisponde ad una situazione di anomia dove la volontà capricciosa di un singolo sostituisce un codice fisso di leggi. Il potere del monarca è invece limitato non solo dalle leggi, ma anche dalla presenza di ceti privilegiati (aristocrazia, clero, membri del Parlamento) che evitano un esercizio arbitrario del potere, come avviene negli stati dispotici.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Politica e religione nel pensiero filosofico di Bayle e Montesquieu

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Informazioni tesi

  Autore: Filippo Catani
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia
  Relatore: Domenico Felice
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 112

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