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Il ruolo del Pakistan nella guerra in Afghanistan e nella lotta al terrorismo

Talebani buoni e cattivi

Molti studiosi spiegano questo mancato intervento nel Waziristan del nord sulla base della differenziazione, compiuta dai militari pakistani, fra “militanti ostili” e non. Fanno parte delle prima categoria quei clan talebani che, furiosi per i raid aerei dei droni americani sui loro territori e per la collaborazione offerta dal Pakistan alla causa occidentale, hanno intrapreso una propria strada, scagliandosi contro l’esercito e cercando di nuocere alla sicurezza nazionale pakistana.

Rientrano in questo contesto i già citati attacchi nella valle dello Swat e a Bruner nell’aprile 2009, a soli 100 chilometri dalla capitale. Lungi dal voler annientare queste “schegge nemiche” (come li ha definiti il portavoce dell’esercito, Athar Abbas), l’esercito pakistano sarebbe piuttosto intervenuto con lo scopo di “disciplinarle” per ribadire la propria supremazia ed incanalarle verso la direzione voluta.

Questa interpretazione sarebbe applicabile anche all’arresto di Abdul Ghani Baradar, numero due del mullah Omar e del genero di quest’ultimo, catturati lo scorso gennaio. Baradar stato favorevole a trattative di pace con il governo Karzai e avrebbe approvato i colloqui segreti svoltisi nel corso del 2009 in Arabia Saudita tra rappresentanti del governo afghano e talebani. Non è escluso che egli abbia anche partecipato direttamente ad alcuni incontri.

Con il suo arresto, l’Isi, che era stata tenuta fuori dai colloqui, ha voluto inviare un messaggio a tutti gli attori interessati (le autorità afghane e statunitensi e i vertici talebani): il processo di pace non può avere successo senza il suo pieno coinvolgimento. Altri hanno anche ventilato l’ipotesi che il mullah Baradar non faceva più parte della shura, da cui era stato allontanato a seguito di una “purga” decisa dall’ala dura del movimento che ha di recente preso il sopravvento su quella più flessibile.

La sua cattura costituirebbe quindi una prova dei legami tra l’intelligence pakistana e la nuova dirigenza talebana. Appartengono alla seconda categoria estremisti come Jalaluddin Haqqani, Gul Bahadur e Maulvi Nazir. Questi ancora riconoscono alle forze armate di Islamabad un ruolo di supremazia, collaborano con esse (o comunque non le combattono) e sono pronti a ricevere istruzioni su come schierarsi sui vari fronti; in cambio ricevono il permesso di perseguire i propri obiettivi in Afghanistan e persino di restare attivi nelle agenzie tribali pakistane all’interno della provincia di Khyber-Pakhtunkhwa.

Del resto, lo stesso governo pakistano, con una svolta storica, ha invitato la Casa Bianca ad intraprendere un dialogo con questi gruppi. Islamabad sente vicino il ritiro delle forze NATO dall’Afghanistan e sta cercando di “preparare il terreno” per quello che sarà il dopo, favorendo quelle fazioni che gli possano consentire di esercitare una certa influenza su Kabul, una volta libera dagli occidentali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il ruolo del Pakistan nella guerra in Afghanistan e nella lotta al terrorismo

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Informazioni tesi

  Autore: Giuseppe La Paglia
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Valter Coralluzzo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 129

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