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Città creative e sense-making collettivo. Il caso Copenhagen

Policy per il settore creativo di Copenaghen

Analizzando le policy per il settore creativo adottate dall'amministrazione della città negli ultimi 20 anni e confrontandole con le esigenze degli imprenditori creativi, emerge la preoccupazione di questi ultimi verso un'eccessiva ingerenza dell'attore pubblico verso le prassi del settore. La Municipalità di Copenhagen ha, infatti, in passato adottato atteggiamenti fortemente top-down, cercando di “imbrigliare” gli imprenditori creativi in strategie decise unicamente dall'alto, poco realistiche e non rispondenti alle vere necessità del settore. Come conseguenza, buona parte di questi progetti top-down è fallita, lasciando le industrie creative profondamente insoddisfatte.

La mancata riuscita dei progetti statali (basati principalmente su colossali infrastrutture e mega-eventi) è la dimostrazione di come, nell'implementazione di strategie per la creatività, un approccio top-down vada pressoché evitato. Il settore creativo, per sua stessa natura, riesce ad esprimersi al meglio proprio quando viene lasciato libero di operare e innovare, senza costrizioni dall'alto e senza vincoli sulla propria attività.
La Municipalità di Copenhagen ha dimostrato un eccellente senso critico, nell'accorgersi dei propri errori, e nei tentativi di trovare modalità di approccio nuove al problema della creatività. Nei documenti di policy redatti a metà degli anni 2000, è facile notare come sempre di più peso assuma la creatività bottom-up e il learning in progress, ovvero la creazione di aree sperimentali, non dotate di un piano di sviluppo e di azione ben delineato nello specifico, dalle quali poter imparare dai processi in atto, prendendo spunto per il miglioramento e lo sviluppo delle policy future.

D'altro canto, il settore creativo è sempre più fermo nelle sue richieste di una maggiore de regolamentazione e di un uso più flessibile degli spazi pubblici e delle infrastrutture, che consenta loro di operare col minor numero di vincoli possibili. Ritorna con forza, quindi, il tema dello Stato “architetto”, ovvero colui che costruisce il framework e lascia libertà di azione agli imprenditori privati, che per loro natura sono maggiormente in grado di adeguarsi alle dinamiche dell'innovazione e della flessibilità.
Nel secondo paragrafo verranno esposte alcune delle principali iniziative top-down della Municipalità di Copenhagen negli anni '90, evidenziandone l'impatto pressoché nullo sul settore creativo. I casi dell'Øresund e dell' Ørestad serviranno a dimostrazione di come una strategia che non renda partecipi in prima persona le piccole realtà locali, assecondandone le naturali tendenze, siano destinate a fallire.

Nel terzo paragrafo si evidenzierà come la Municipalità di Copenhagen abbia cercato, a partire dagli anni 2000, di invertire la rotta, aprendo spazi sempre maggiori di dialogo con le imprese private. In queste policy l'influenza di Richard Florida e delle sue teorie sulla Creative Class è estremamente evidente. Tuttavia, quasi inconsapevolmente, la Municipalità è riuscita a superare alcune delle debolezze delle teorie dello studioso americano, tra tutte, l'accusa di aver proposto modalità di pianificazione urbana e culturale troppo generiche, che non tengono conto delle specificità e delle differenze che caratterizzano le diverse città. Ampliando lo spazio operativo delle realtà creative locali e assecondando le loro naturali tendenze evolutive, la Municipalità pone le basi per la creazione di un settore creativo unico e “su misura”, conformato e adattato a quelle che sono le caratteristiche uniche e irripetibili della capitale danese. Per questo motivo il settore creativo a Copenhagen è in forte espansione: esso è espressione delle esigenze e delle prassi operative degli imprenditori stessi, che non vengono ostacolati dal settore pubblico, bensì agevolati e tutelati nelle loro specificità.
Nel quarto paragrafo verrà proposta una panoramica generale del settore dell'imprenditoria creativa privata. Da alcune interviste realizzate con alcuni esponenti del settore, sono emerse alcune tra le principali necessità del settore. Oltre le richieste specifiche di affitti agevolati, di servizi di consulenza professionale gratuita, di una generale de-regolamentazione nell'utilizzo degli spazi pubblici, emerge in generale la richiesta di poter essere il più svincolati possibili dall'ingerenza statale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Città creative e sense-making collettivo. Il caso Copenhagen

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Squeri
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia
  Facoltà: Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali
  Corso: Scienze economiche per l'ambiente e la cultura
  Relatore: Vladi Finotto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 183

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Parole chiave

danimarca
creatività
copenhagen
città creative
imprenditoria creativa

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