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Dal teatro di varietà al varietà televisivo - Il ruolo dell’autore. Due programmi a confronto: “Doppia coppia” (1969) e “Stasera pago io…” (2001).

Il varietà trasmesso in TV

La nascita della televisione, nel periodo in cui è entrata nella nostra società e nella nostra cultura, ha costituito un fatto radicalmente sconvolgente, e sarebbe difficoltoso e forse irrealistico, tentare una presentazione completa ed esauriente della sua influenza e dei suoi molteplici effetti, dal momento che essa ha influito sulla totalità della nostra vita personale, sociale, relazionale, politica.
Sono molte le cose che dopo l’avvento della TV cessano di funzionare in maniera soddisfacente; non soltanto le sale cinematografiche, ma anche le riviste a diffusione nazionale sono duramente colpite da questo medium, che decreta anche il declino dei fumetti e confluisce tutta l’attenzione sui programmi che offre al suo sempre più corposo e fedele pubblico.
M. McLuhan sostiene che un medium freddo (che comporta una bassa definizione, cioè fornisce una quantità limitata di informazioni ed implica quindi un alto grado di partecipazione o di completamento da parte del pubblico che può produrre allucinazione), come è il mezzo televisivo nato intorno alla metà del secolo scorso, se adoperato nel modo giusto, esige una condivisione completa, assidua al processo da essa proposto, poiché esso impegna tutti i nostri sensi in un’azione reciproca, ci assorbe, ci coinvolge emotivamente in profondità, non può essere considerato come mero sfondo, semplice scenario con funzione accessoria alla nostra dimensione culturale.
La posizione convenzionale sostenuta ancora da quei pochi, che non hanno preso coscienza delle potenzialità insite nel mezzo TV, secondo cui esso sia un’esperienza per spettatori passivi, non trova alcun riscontro nella realtà e nella storia di questo mezzo, che documentano come la civiltà abbia invece subito molto, l’influenza ed il “fascino” di questo mezzo di comunicazione.
M. McLuhan attesta: “Probabilmente, fu il funerale di Kennedy ad imprimere in modo particolare nella coscienza del pubblico, la capacità della TV di conferire ad un avvenimento un carattere di partecipazione collettiva.”
La TV richiede un’attenzione, una reazione, un’attività partecipazionale dinamiche e vivaci da parte del pubblico; questo medium non è tanto un medium di azione quanto un medium di reazione, il quale lascia ampio spazio all’interpretazione dello spettatore, che fruisce dei prodotti da esso proposto. Il pubblico è affascinato e partecipe dello stato d’animo dell’attore televisivo che notoriamente in TV tende ad esprimersi col primo piano; questo tipo d’inquadratura, in TV è un fatto abbastanza naturale che fornisce un gran quantitativo di informazioni sullo stato emotivo del personaggio. Con la TV, afferma M. McLuhan, lo spettatore è lo schermo, esso viene “bombardato” da moltissimi impulsi leggeri che James Joyce definiva la “Carica della brigata leggera”, ma il cui schema impone al fruitore un’attenzione ed un coinvolgimento costanti, dunque un’interazione autentica ed impegnativa.
Dato che una delle peculiarità del mezzo TV è di assicurare un alto coinvolgimento del pubblico, i programmi più efficaci sono quelli che presentano processi non ancora completi; tale processo di lavorazione e di coinvolgimento in profondità si estende anche all’arte dell’attore televisivo, il quale deve possedere la capacità di improvvisare e di intensificare con le proprie genialità ed acume, ogni momento televisivo, rafforzando l’intimità e la confidenza con lo spettatore.
“La TV è un medium che respinge le personalità marcate e preferisce presentare procedimenti di lavorazione piuttosto che prodotti perfettamente finiti.”
Questa tendenza al procedimento, al prender forma e concretezza in divenire, anziché alla presentazione di un prodotto ben confezionato, insita nella natura del mezzo TV, sostenuta da McLuhan, ci permette di accostarci in maniera calzante allo studio ed all’analisi storico-teorica sul varietà. Questo genere artistico, divenuto in seguito anche televisivo, come verrà spiegato successivamente, implica una progettualità, un processo che si delinea in corso di svolgimento, e dunque richiede un’attitudine all’improvvisazione, al cambiamento istantaneo ed al conseguente distacco dal copione, in primo luogo da parte del cosiddetto presentatore o conduttore, che riveste un ruolo di responsabilità molto importante all’interno del programma. Con il termine improvvisazione, non bisogna pensare né ad un ripiego né ad una soluzione provvisoria; il suo obiettivo è quello di catturare dalla spontaneità degli eventi che hanno luogo in Studio, gli spunti, le reazioni, le condizioni, che possano indurre una situazione inaspettata, poggiando sempre sulla capacità di chi improvvisa, di intuire rapidamente le dinamiche che potrebbero costituire l’occasione per creare un momento imprevisto, e reagire immediatamente nel modo più favorevole per lo spettacolo. In realtà è doveroso precisare che fin da Aristofane abbiamo tracce della “maniera recitativa” improntata sull’improvvisazione, legata principalmente alla commedia ed al teatro popolare. Il “metodo” dell’improvvisazione diventa fondamentale nella Commedia dell’Arte, tanto da diventare, con l’uso del canovaccio, la caratteristica fondamentale della tecnica recitativa professionale. Viene poi ripresa dall’avanspettacolo e dal teatro di rivista con grandissimi interpreti quali: Ettore Petrolini, Totò, Macario, Nino Taranto, Carlo Dapporto, ecc…, e successivamente diviene tipizzante del teatro più vicino alla tradizione popolare e di quello dialettale, come ad esempio, le opere di Eduardo e Peppino De Filippo. Molti artisti come Stanislavski, Copeau, Lecoq, Strehler, Peter Brook, Grotowsky, Dario Fo ed altri forse meno famosi, hanno pensato, identificato ed usato l’improvvisazione come strumento di espressione artistica.
É vero che durante le fasi iniziali dell’improvvisazione si procede qualche volta per tentativi, ma è anche vero che la sicurezza che segue a questo periodo “sperimentale”, è più preziosa e per certi versi più soddisfacente di quella che può nascere da schemi e formule precostituiti e mandati a memoria. Il processo di improvvisazione mira a sciogliere la tensione, a favorire l’instaurarsi di un clima confidenziale e di un’atmosfera serena; a tal proposito, J. Hodgson ed E. Richards asseriscono: “Nei confronti dell’atmosfera, l’improvvisazione può intervenire o per esplorarla o per svilupparla.” L’atmosfera di uno spettacolo fa parte del suo contenuto emozionale, e col graduale manifestarsi della struttura ritmica della rappresentazione, lo spettatore tocca momenti di grande emozione, vere punte di tensione. É facile constatare, che l’atmosfera è una condizione costruita anche sui rapporti tra i vari personaggi presenti sul palcoscenico e su quelli tra i personaggi ed il pubblico. Sta di fatto, che quasi sempre, “vivere” direttamente la situazione, modifica o accentua il tono della scena, che può essere ipotizzato sul copione, il cui freddo linguaggio deve sempre essere trasformato in un pensiero reale e vivente, in modo da rispettare comunque le parole originali, e quindi il significato del messaggio che ci si era proposti di veicolare.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dal teatro di varietà al varietà televisivo - Il ruolo dell’autore. Due programmi a confronto: “Doppia coppia” (1969) e “Stasera pago io…” (2001).

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Informazioni tesi

  Autore: Simona Palermo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Teoria della comunicazione
  Relatore: Vincenza Costantino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 231

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