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I trattati comunitari: i valori e gli obiettivi dell'integrazione europea

Finalmente cittadini dell’Unione Europea

Nel momento in cui le istituzioni europee tentavano di completare il mercato interno e accrescevano la dimensione economica e sociale dell’Europa comunitaria, la storia mise nuovamente alla prova le capacità europee di adattarsi alla nuova situazione mondiale. La caduta del muro di Berlino seguita dalla riunificazione tedesca del 3 ottobre del 1990, e il processo di democratizzazione nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, liberatisi dal controllo dell’Unione Sovietica auto-dissoltasi nel 1991, trasformarono profondamente la struttura politica del continente.

Gli stati membri, dinanzi alla nuova situazione, optarono per una visione comune ed una gestione concertata del futuro comune europeo. La necessità di affrontare i profondi rivolgimenti storici in una prospettiva condivisa, portò i paesi ad avviare un processo d’approfondimento dell’Unione negoziando un nuovo trattato i cui orientamenti di base sono stati adottati dal Consiglio europeo di Maastricht, il 9-10 dicembre 1991.

Il Trattato sull’Unione Europea, in vigore dal I novembre del 1993, doveva garantire il grande salto di qualità verso la creazione di una nuova unione che avrebbe dovuto “segnare una nuova tappa nel processo di integrazione europea” contro la politica dei piccoli passi propria delle diplomazie nazionali e contro la filosofia del funzionalismo.

Con la fine della Comunità economica europea e la nascita dell’Unione europea finiva simbolicamente la prima fase gestatoria dell’integrazione. Finiva in larga misura l’indeterminatezza tipica del primo approccio gradualista di Jean Monnet. Il progresso futuro dell’Unione si poteva già intravedere, seppure a grandi linee, nel disegno esposto nel Trattato le cui fondamenta erano rappresentate dai risultati di uno sviluppo durato cinquant'anni e che aveva visto formarsi una comunità nella quale il potere legislativo, il potere esecutivo e i tribunali dei 15 stati membri accettavano, in caso di conflitto, la supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale.

Il salto di qualità compiuto da Maastricht, in continuità con l’acquis comunitario, era reso inevitabile da avvenimenti esterni alla Comunità europea la cui importanza storica non poteva essere tralasciata e la cui portata rendeva necessaria la creazione di “solide basi per l’edificazione dell’Europa futura”. Volgendo lo sguardo al passato, l’Europa nel 1985 aveva assistito alla salita al potere in Unione sovietica di Michail Gorbaciov, esponente di punta di una nuova generazione di leader politici. Lanciando le parole d'ordine glasnost e perestrojka, il presidente si accinse a riformare radicalmente il sistema sovietico per porre fine alla lunga contesa con l'Occidente, i cui costi erano divenuti per Mosca ormai insostenibili. Conseguenza diretta di ciò fu il crollo delle tensioni tra Est e Ovest, e all'interno del Blocco Orientale il ridimensionamento dell'egemonia sovietica.

Il venir meno dei due blocchi e la caduta della cortina di ferro, oltre che segnare la fine della guerra fredda, diedero alla Comunità europea, ora non più semplice pedina di un gioco più grande dominato da Urss e Usa, nuove responsabilità: occorreva una più chiara e decisiva presenza in tutta Europa, soprattutto in quella comunista, e una più forte partecipazione al fianco della potenza americana per il governo del mondo.

Sembrarono maturati i tempi per l'instaurarsi di un nuovo "ordine mondiale", ma questa prospettiva venne immediatamente smentita dal sopraggiungere di crisi come la guerra del Golfo, conflitto che nell’inverno del 1991 oppose l’Iraq a una coalizione internazionale formatasi sotto l’egida dell’Organizzazione delle Nazioni Unite dopo l’invasione iraquena del Kuwait nel 90 e la proclamazione della sua annessione, e come il conflitto in Iugoslavia, in cui la sanguinosa guerra civile oppose tra loro i gruppi etnici serbi, croati e musulmani dal 1991 al 1995 nel territorio della ex Repubblica federale socialista di Iugoslavia all'indomani della sua disintegrazione.

Gli accadimenti storici, che hanno allungato molte ombre sulla futura fisionomia del quadro internazionale, richiedevano all’Ue una prospettiva di unificazione politica salda, la cui trama era rappresentata dall’“attaccamento ai principi della libertà, della democrazia, e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché dello stato di diritto”. La costellazione di principi e valori costituzionali richiamati dal preambolo, non limitata solamente alle libertà economiche, confermava dunque un legame forte a ideali non più da rafforzare ma semmai da confermare, poiché consolidare e fortificare era stato un compito attribuito alla Comunità con il Trattato di Roma.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I trattati comunitari: i valori e gli obiettivi dell'integrazione europea

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Sergi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Daniele Pasquinucci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 122

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