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La narrazione come metodo di ricerca di sè

La narrazione come cura del sé

L’educare al di là del suo significato tradizionale di attività rivolta al “trarre fuori” e al “nutrire”, si definisce oggi piuttosto come un formare,anzi un partecipare attivamente ad un processo di autoformazione di cui è protagonista lo stesso soggetto in crescita.
Educare è allora un “prendersi cura”e “un prendere cura”, un’attività di sostegno e sollecitazione,di interpretazione e di affiancamento all’interno di quel processo complesso e carico di tensioni che è appunto il processo di formazione. Capita però che le difficoltà incontrate nella propria operatività,attivi nell’operatore quel processo di cui parlavo poc'anzi, la burn-out syndrome. Difatti l’aiuto è un processo relativamente complesso e caratterizzato da due soggetti profondamente coinvolti in una relazione di scambio. Si tratta chiaramente di un rapporto assi metrico, tra chi è in condizione di poter offrire e gestire aiuto e chi invece lo richiede; è un rapporto caratterizzato quindi da un insieme differenziato di risorse,che vengono scambiate, sulla base di un “contratto “per la costruzione di un progetto comune.
Quando la tensione emozionale legata al prendersi cura aumenta in modo rilevante, l’operatore può sentirsi sopraffatto dalle sofferenze e altrui con l’attivazione di meccanismi di difesa che possono rendere la relazione sempre meno partecipativa ed empatica. Allora,per chi si trova a vivere la quotidianità del proprio lavoro in una situazione di disagio, fermarsi a riflettere su di sé e sulle proprie esperienze,può far ritrovare un ordine ed un equilibrio. Scrivere di sé è un modo di metodo a distanza di cinque mesi, sono riuscita a capire molte cose di lui,e “farlo parlare” mettendolo come protagonista dei suoi pensieri:

“mi chiamo M.C. Ho 21 anni…da grande voglio fare il pastaio…la pasta mi piace fatta
in casa…lasagne…Amo la musica napoletana…sono arrabbiato perché fuori
piove…debbo tagliarmi i capelli perché sono lunghi…domani metterò la maglietta
lunga perché fa freddo”

“Oggi non uscire…paura che mi fanno paura .Voglio fare musica…il colore blu…in campeggio. Preferisco la montagna. Non mi porti al MIzibar,perché cattivo oggi”

“Quando mi parlano addosso mi arrabbio. Voglio andare via…solo”

“Oggi voglio parlare…bisogna guardare il meteo altrimenti non potrò andare a Formia”

Con il passare del tempo ,la prassi del racconto è stata da lui accettata, e di sua spontanea volontà, all’inizio del nostro lavoro, si lascia del tempo per parlare liberamente consapevole che qualcuno è ben felice di ascoltarlo. Anche le sue reazioni-azioni sono cambiate. Intervenendo sulle reazioni, ho aperto un dialogo per capire cosa scaturisse tale azione. Di conseguenza, in sostituzione alla reazione è ora in grado di prevenire,raccontando di sé. Al fine di ogni dialogo rileggo a voce alta il contenuto, e guardarlo osservarmi con aria partecipe mi gratifica, perché sento che ascolta tramite la mia voce, le sue stesse memorie. Quindi, sono arrivata a capire che solo un dialogo intimo con se stesi, favorito dalla narrazione di sé e un attento ascolto del proprio sé più profondo, possono ri-orientare pensieri, sentimenti, azioni.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La narrazione come metodo di ricerca di sè

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Informazioni tesi

  Autore: Rosangela Ciafrei
  Tipo: Tesi di Master
Master in Supervisore Professionale di comuntà
Anno: 2010
Docente/Relatore: Occulto Raffaele
Istituito da: Università degli Studi Roma Tre
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 30

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