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Nato sotto il segno dell'esilio. Edward Said e l'esilio.

La letteratura della migrazione

L’uomo non smetterà mai di migrare, il viaggio e l’emigrazione fanno parte della sua storia.
Già dalla sua prima apparizione sulla Terra, l’uomo, ha sentito il bisogno di migrare.
Come l’esilio, a volte la migrazione resta come ultima soluzione. Si migra perché si fugge da una guerra, da una carestia e da condizioni di vita poco favorevoli con la speranza di trovare un luogo migliore.
È doveroso precisare che la letteratura d’esilio e la letteratura della migrazione, nonostante la comunanza di forme e temi trattati, differiscono l’una dall’altra.
Esistono senz’altro punti in comune tra le letterature: entrambe nascono da un allontanamento dalla propria patria; in entrambe il filo conduttore è la ricostruzione di un io frammentato e traumatizzato; entrambe sono autobiografiche; entrambe possono essere prodotte in una lingua che non è quella madre. La differenza la possiamo cogliere tra la figura dell’emigrante e quella dell’esiliato: il primo normalmente si radica in un territorio che ha scelto, l’esiliato, oltre a non avere preferenze rispetto al luogo, sembra avere sempre le valigie pronte, ovvero non appartenere a nessun paese. Lo stesso Said, in quanto esule afferma in un’intervista: ‹‹Sono tagliato fuori dalle mie origini. Vivo in esilio. Sono un esule. [...] Hai sempre la sensazione di non appartenere. E di fatto non appartieni. Perché non sei veramente di qui e qualcun altro dice che il luogo da cui provieni non è tuo ma suo. Così persino l’idea del posto da dove vieni è sempre messa alla prova ››.
L’emigrante, secondo Salman Rushdie, è la figura centrale del Ventesimo secolo proprio come l’esule.
Lo stesso Rushdie è un emigrato e in un suo testo scrive:
Un emigrato vero e proprio patisce un triplice sconvolgimento: perde il proprio luogo, si immerge in un linguaggio alieno, e si trova circondato da individui che posseggono codici e comportamenti sociali molto diversi dai propri, talvolta perfino offensivi. Ed è proprio ciò che rende gli emigrati delle figure così importanti perché le radici, la lingua e le norme sociali sono stati gli elementi più importanti nella definizione di cosa significa essere umano. L'emigrato, negati tutti e tre, è obbligato a trovare nuovi modi di descriversi, nuovi modi di essere uomo.

Proprio per effetto di questi spostamenti, secondo Rushdie, l’emigrante è radicato alle idee, anziché ai territori, ai ricordi piuttosto che ai beni materiali.
Rushdie definisce gli emigranti translated-men, in cui translated sta per ‹‹trasportati››, il senso etimologico del verbo tradurre appunto.
Gli emigranti sono trasportati da un paese all’altro, da una lingua all’altra, da tradizioni, consuetudini, religioni, abitudini, diverse rispetto a quelle del nuovo paese. L’emigrante sente il bisogno di descriversi, prima che ci pensi la società che lo ospita in relazione alla sua diversità, creando poi stereotipi e falsi miti.
Negli ultimi decenni la ‹‹Grande Migrazione››, così denominata da Hans Magnus Enzensber, sta coinvolgendo l’intero pianeta, apportando dei mutamenti all’interno del tessuto sociale di ogni comunità. Gli effetti delle migrazioni, le evoluzioni sociali, non possono che permeare la sfera culturale di un paese, scardinando, proprio come avviene con la letteratura di migrazione, il legame fra nazione, letteratura e lingua.
La letteratura della migrazione nasce da queste ondate migratorie e accoglie il bisogno dell’emigrante di descriversi.
L'emigrante, scrivendo la sua migrazione o quella del suo popolo, arricchisce la narrazione grazie alla sua doppia prospettiva: guarda dall'esterno il paese appena lasciato che ha conosciuto dall'interno e guarda dall’interno la società che lo ospita pur sentendosi profondamente estraneo.
Proprio in questa visione stereoscopica della società risiede la peculiarità e il fascino della letteratura della migrazione.
L’emigrante vive in quelli che Bhabha definirebbe in-between-space, ponendosi tra più territori e più lingue si trova al centro di una situazione di incontro e scontro continuo tra la cultura d'origine e d'approdo. Edouard Glissant definisce ‹‹caos mondo›› questo scontro-incontro in cui le diverse culture si attraggono, si respingono, spariscono, sopravvivono, si addormentano e si confrontano. Questo fenomeno di continua messa a confronto di culture diverse caratterizza la società nata dalle migrazioni di massa. Per ricavarne al meglio tutta la sua essenza, secondo Glissant, occorre rispettarne le differenze, ovvero opporre al minestrone incontrollato e incontrollabile del multiculturalismo la coesistenza separata delle culture che permetta: l’esaltazione delle differenze, la non mescolanza, la logica dell'interculturalità. Questo percorso porta a quello che Glissant definisce ‹‹creolizzazione›› ovvero la Relazione tra diverse culture o almeno di parecchi elementi di culture distinte, in un luogo del mondo, col risultato di ottenere nuovi dati, totalmente imprevedibili. La creolizzazione esige che gli elementi culturali messi in Relazione si “intervalorizzino”. La creolizzazione differisce dal meticciato per un discorso di prevedibilità: gli effetti del meticciato si possono calcolare, quelli della creolizzazione restano imprevedibili.
La letteratura della migrazione, parla diverse lingue e oltrepassa infiniti confini.
Questa letteratura ‹‹creolizzata›› raccoglie tutte le voci e le esperienze dei migranti di tutto il globo, si svincola dall’ormai obsoleto principio che una letteratura sia definibile solo in base al territorio. Si propone come patria senza confini di tutti i migranti che richiedono asilo, come luogo di confronto alla pari tra diverse culture, sfuggendo da qualsiasi fantasma nostalgico di colonialismo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Nato sotto il segno dell'esilio. Edward Said e l'esilio.

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Pancaldi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Letteratura Comparata
  Relatore: Francesco Muzzioli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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