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Il principio lavorista tra attualità e attuazione della Costituzione

La duplice pretesa

L’ambiguità e la complessità insita nel concetto di diritto sociale e in alcuni dei dettati costituzionali ha comportato, in dottrina, una dicotomia all’interno dello stesso concetto del diritto del lavoro (definizione proposta da Costantino Mortati), che evidenzia due diverse situazioni soggettive. Da un lato, l’accezione del lavoro in quanto libertà positiva, intesa come “diritto di” lavorare e, quindi, come diritto sociale. Il cittadino lavoratore è inserito in un contesto sociale, in quanto attore sociale, e necessita di sicure tutele da parte dello Stato per poter esercitare il suo diritto. In questa prospettiva, l’obiettivo da assicurare consiste nella garanzia dell’uguaglianza (formale e sostanziale) delle persone rispetto al lavoro disponibile, un’uguaglianza che significa equilibrata concorrenza tra le persone e sicurezza rispetto agli abusi legati a qualità personali, sia nel mercato di lavoro sia durante il rapporto di lavoro. In ciò, trovano legittimazione ulteriori diritti: il diritto a non essere licenziati ingiustamente, il diritto di sciopero, la tutela sindacale, il diritto di formazione professionale. Dall’altra parte, il “diritto al” lavoro, l’accezione negativa, che riconosce il lavoro come vero e proprio diritto di libertà immediatamente azionabile e rifiuta qualsiasi ingerenza da parte dello Stato nella definizione e scelta dell’attività lavorativa e nell’attuazione della personalità individuale.

Proprio queste due differenti situazioni soggettive consentono al cittadino di godere pienamente del diritto al lavoro perché, in quanto diritto di libertà, garantisce la traduzione immediata del dettato costituzionale nella realtà e nel diritto vigente; in quanto diritto sociale, la tutela nei confronti del lavoratore consente l’espressione di altri diritti fondamentali e incide sull’esplicazione della libertà di scelta. Tra le due situazioni soggettive, in altri termini, sussiste una connessione, nel senso che il disconoscimento della prima si riflette indirettamente sulla seconda.

Tuttavia non mancano posizioni che contrastano questa dicotomia. Questa prospettiva ritiene che il solo contributo che la duplice pretesa dà al concetto di lavoro è quello di appesantirlo arbitrariamente, senza un reale fondamento interpretativo. Secondo le argomentazioni offerte dai sostenitori della prima prospettiva, in realtà, ci troveremmo di fronte non a due facce della stessa medaglia, ma a due diritti separati e distinti. È inconcepibile, infatti, che il medesimo diritto sia, per una parte del suo contenuto (la libertà di svolgere un’attività utile), riconosciuto a tutti i cittadini e, per la parte residua (la pretesa a che siano assicurate condizioni di impiego), soltanto ad alcuni di essi. L’attenzione e la specificazione che nel dettato costituzionale viene effettuata nei riguardi del lavoro subordinato e l’implicazione dell’obbligo a carico dei pubblici poteri, nient’altro sarebbe se non la dichiarazione evidente del lavoro come diritto sociale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il principio lavorista tra attualità e attuazione della Costituzione

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Felicia Gemelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Alessandro Mazzitelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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