Ottimizzazione dei principali fattori produttivi della Cannabis sativa L. destinata all’impiego farmaceutico

Prima che un farmaco sia regolarmente disponibile, deve essere sottoposto ad una serie di test per verificare l’efficacia della sua azione e la sicurezza nell’uomo.
Per i prodotti medicinali a base di Cannabis, l’aspetto della sicurezza gioca un ruolo determinante anche se questa sostanza ha un indice terapeutico tra i più elevati tra le sostanze utilizzate in medicina e perciò sono improbabili effetti collaterali negativi o tanto meno estremi (morte), per errato dosaggio del principio attivo. Nel Mondo, non sono stati riportati casi di morte causati da overdose di Cannabis tra gli utilizzatori di tale pianta come sostanza ricreativa, nonostante questa popolazione tenda ad assumere dosi elevate e preparazioni che non rispettano i parametri di salubrità e purezza previsti dalle preparazioni medicinali, magari in combinazione con tabacco e alcool. Si è visto anche che gli effetti collaterali provocati sono evitabili o ben gestibili, e comunque ben inferiori a quelli di altre sostanze.

La recente scoperta di un sistema di recettori per i cannabinoidi nel cervello umano e in numerosi organi interni (Devane et al., 1988; Matsuda et al., 1990; Munro et al., 1993) dimostra che il corpo umano produce naturalmente cannabinoidi, che esplicano varie azioni su organi e apparati. Il fatto che l’uomo sia stato da sempre esposto ai cannabinoidi ha dunque rivoluzionato la ricerca sulla Cannabis e sui
fitocannabinoidi e ha provato definitivamente che l’uso di Cannabis non è responsabile di dipendenza o tossicomania.
L’evidenza aneddotica in merito alla non tossicità di un farmaco è considerata come una base accettabile per segnalare l’avvio di un’adeguata regolamentazione e il rilascio dell’autorizzazione per l’immissione sul mercato dei medicinali, ma naturalmente tutto diventa più scontato quando si forniscono le prove di una sua efficacia.

I benefici della Cannabis sono riportati negli anni passati prevalentemente a livello aneddotico e questo non per colpa della pianta, ma perché per circa un centinaio di anni i medici hanno smesso di prescriverla, hanno disimparato ad utilizzarla come rimedio e, anche a causa della propaganda infamante sostenuta dai politici proibizionisti, hanno perso la fiducia che riponevano nei confronti di tale medicamento.

La letteratura clinica per le indicazioni terapeutiche della Cannabis e dei suoi estratti è stata da sempre limitata da 2 importanti fattori: le difficoltà, riconducibili alla situazione politica, etica e metodologica, nel condurre studi di ricerca su una sostanza ritenuta illegale o presunta droga e la scarsa validità scientifica di molte sperimentazione cliniche. La situazione è stata ulteriormente aggravata dalla mancanza di oggettività e dal pregiudizio dei soggetti chiamati ad interpretare i dati ottenuti dalle ricerche: i presunti effetti negativi della Cannabis sono sempre stati evidenziati, a discapito di quelli positivi che sono di conseguenza sempre finiti in secondo piano (Robson e Guy, 2004).
Oggi la ricerca scientifica ha finalmente dimostrato in maniera evidente che la Cannabis contiene principi attivi efficaci contro la sofferenza provocata da numerose patologie.