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Bullismo e life-skills. Una ricerca in provincia di Torino

Autoefficacia e bullismo

Le ricerche condotte per analizzare la relazione fra i vari tipi di autoefficacia e i ruoli assunti nel bullismo (Begotti, Bonino, 2009; Gini, Albiero, Benelli, 2005), evidenziano che i comportamenti probullismo (Bullo, Aiutante, Sostenitore) sono negativamente correlati con le dimensioni dell'autoefficacia scolastica e di regolazione dell'apprendimento, dell'autoefficacia regolatoria e di quella relativa alla capacità di soddisfare le aspettative altrui. Da un lato, quindi, questi ragazzi sembrano avere una percezione di sé come studenti con difficoltà nell'aderire alle richieste della scuola e nell'ottenere risultati soddisfacenti in ambito scolastico; dall'altro, essi si rendono conto di non riuscire a controllare adeguatamente il loro comportamento di fronte alle pressioni del gruppo dei pari in situazioni che possono portare ad assumere comportamenti trasgressivi (autoefficacia regolatoria).

Al contrario, la tendenza ad assumere comportamenti di aiuto è risultata positivamente correlata con una generale immagine positiva di sé dei preadolescenti che agiscono come Difensori, i quali sono stati descritti come ragazzi molto competenti in diverse sfere del loro sviluppo cognitivo, socio-relazionale e morale (Gini, Albiero, Benelli, 2005). Emerge che essi possiedono un elevato senso di autoefficacia sia rispetto all'ambito dell'apprendimento scolastico sia a quello delle relazioni con gli altri (autoefficacia regolatoria, sociale, assertiva). Questi dati sono in accordo con l'idea che livelli sufficientemente alti di autoefficacia percepita siano in relazione con un adattamento personale e sociale positivo e che costituiscano degli efficaci fattori di protezione e di promozione del benessere, soprattutto in adolescenza. Per quanto riguarda la scala Vittima (Gini, Albiero, Benelli, 2005), invece, in accordo con quanto ci si aspettava, emerge che i ragazzi che presentano alti punteggi di vittimizzazione hanno una percezione di autoefficacia sociale più negativa, a conferma delle loro difficoltà nello stabilire relazioni sociali soddisfacenti con i coetanei.
Questi ragazzi sono spesso descritti in letteratura come socialmente inibiti ed ansiosi, poco assertivi, isolati e con pochi amici intimi. Gini e collaboratori (Gini, Albiero, Benelli, Altoè, 2008) hanno analizzato, come già accennato, la funzione dell'autoefficacia in relazione al ruolo di osservatore e di difensore.
Dalla loro ricerca emerge che gli osservatori hanno un alto livello di responsività empatica, non significativamente differente da quello dei difensori, mentre evidenziano un basso livello di autoefficacia sociale. Una possibile spiegazione alla reazione passiva di fronte agli episodi di bullismo potrebbe essere che gli osservatori non sanno come aiutare la vittima o come farlo con successo (Gini, Albiero, Benelli, Altoè, 2008; Salmivalli, 2010). Le convinzioni rispetto alla propria autoefficacia nel campo delle interazioni sociali e delle relazioni interpersonali potrebbero essere importanti, indipendentemente dalla sensibilità morale e dalla responsività empatica. Gli individui con scarsa fiducia nella propria abilità di essere assertivi e di saper affrontare le interazioni sociali conflittuali possono essere in difficoltà nell'intervenire a favore delle vittime. È la combinazione di alti livelli di responsività empatica e autoefficacia sociale percepita a favorire la difesa dei pari vittimizzati. Infatti, i difensori presentano entrambi questi costrutti ad alti livelli.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Bullismo e life-skills. Una ricerca in provincia di Torino

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Informazioni tesi

  Autore: Simona Arrà
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Tatiana Begotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 208

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Parole chiave

bullismo
autoefficacia
empatia
difensore
prosocialità
osservatore esterno

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