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Il linguaggio di Silvio Berlusconi

Giustizia e comunisti: il “binomio nemico”

Grazie alla propria abilità retorica, il Cavaliere mette a punto già durante il suo primo governo, un’azione volta alla corrosione del potere giudiziario e della credibilità della classe dirigente della sinistra italiana. In molte occorrenze tra l’altro i termini giustizia e sinistra comunista formano un’unica categoria, il “binomio nemico” per eccellenza di Berlusconi. Questo accostamento è difeso nella logica berlusconiana che si propone di delegittimare l’operato delle due categorie, “colpevoli” innanzitutto di aver gettato da subito dubbi sui veri motivi dell’entrata in politica del Cavaliere e veri capri espiatori di tutti i suoi insuccessi e difficoltà (cfr. Bolasco, Giuliano, Galli de’ Paratesi, 2006).
Anche nel caso degli attacchi alla sinistra ed alla magistratura (accostata al terrorismo degli “anni di piombo”), la logica che viene seguita è la medesima adottata nel contrasto al concetto di vecchio, che si trasforma in entità nemica; lo scopo è, in entrambe le circostanze, quello di trovare un espediente, una categoria antagonista rispetto alla quale presentarsi come antidoto e differenziarsene in positivo. Le sue scelte linguistiche in questo senso saranno fortemente allusive: il pericolo verrà descritto come strisciante, in una visione che suggerisce un sentimento di inganno e di minaccia della libertà. Con il passare del tempo, i toni del Cavaliere si inaspriscono fino a promuovere un linguaggio violento: siamo nel periodo delle prime indagini giudiziarie contro di lui, e gli attacchi verbali di Silvio Berlusconi diverranno il mezzo prescelto per difendersi (cfr. Amadori, 2003).
Il nesso che lega i giudici alla sinistra nella logica berlusconiana è presto spiegato: secondo l’ex capo del governo, la sinistra avrebbe messo in piedi da sempre un meccanismo che permetterebbe ad essa di utilizzare la giustizia ai fini della lotta politica, condotta ricorrendo al terrorismo e alla violenza (cfr. Berlusconi, 2000).
Dal punto di vista linguistico, il lessico con cui viene presentato il “pericolo comunista”, sembra suggerire la figura del “nemico” piuttosto che descriverla compiutamente; e questo si può notare con chiarezza nel ricorso ai termini strisciante e che si profila (riferiti entrambi al pericolo delle sinistre), che suggerisce un’apparizione difficile da percepire e quindi ancora più minacciosa poiché legata ad un concetto di incertezza (cfr. Bolasco, Giuliano, Galli de’ Paratesi, 2006).
Per quanto riguarda le 167 ricorrenze con cui il termine giustizia appare nei discorsi di Silvio Berlusconi, solo 35 di esse sono imputabili ad un valore positivo, mentre negli altri casi, l’aggettivo assume sempre un’accezione negativa. (Ibidem).
Come si può notare, riguardo sopratutto all’idea di giustizia, nel linguaggio di Berlusconi alcuni termini assumono un significato assolutamente diverso rispetto a quello che li connota originariamente. Il concetto negativo di giustizia che si afferma nel pensiero del Cavaliere, rigetta infatti già di per sé il senso autentico del termine (cfr. Santulli, 2005), derivante etimologicamente dal latino justus (giusto) che invece riconosce un’implicita virtù positiva a prescindere, già nel significato. La giustizia, considerata normalmente una risorsa per il corretto e regolare funzionamento dello Stato, sembra assumere invece nella logica di Berlusconi un disvalore, trasformandosi in elemento da combattere e a cui contrapporsi, poiché egli stesso si contrappone all’operato del leader, legittimato dal mandato elettorale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il linguaggio di Silvio Berlusconi

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Informazioni tesi

  Autore: Giacomo Manna
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni Internazionali
  Relatore: Roberto Segatori
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 50

FAQ

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