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Astrologia, magia e medicina nella Roma del seicento.

Giuseppe Francesco Borri, il medico ciarlatano

“Il medico ciarlatano” viene definito, da Giorgio Cosmacini, Giuseppe Francesco Borri. Egli era nato a Milano nel 1630, da padre medico con una grande passione per gli esperimenti chimici, ereditando da lui la passione per l'arte spagirica (da spào, estraggo, e agèiro, raccolgo; la chimica era dunque un'attività di estrazione dell'anima dai metalli e di raccolta della componente aurea intrinseca).

Giovanissimo venne inviato dal padre presso il Seminario gesuita a Roma da cui, dopo i primi anni di formazione, venne espulso.
Pur con difficoltà, continuò le sue ricerche chimiche, entrando in contatto con Cristina di Svezia e con il marchese Palombara.
In occasione della peste, che si ebbe a Roma nel 1656, il Borri si schierò dalla parte dei medici “chemiatri”, ovvero coloro i quali, dinanzi ai fallimenti delle cure sino ad allora praticate dalla medicina “galenica”, tentavano nuove strade, soggette il più delle volte a fallimento ma, proprio attraverso questi tentativi, si affermò quella chemioterapia destinata ad avere successo nel futuro.
Borri dispensava l'elettuario canforato che, seppur non dotato di potere antipestilenziale, dava qualche conforto ai malati, e curava i bubboni con la tecnica della maturazione con “empiastri emollienti”.

Nonostante le cure, galeniche o chemiatriche, la peste dilagava a Roma; Giuseppe Francesco Borri, pur essendo “antigalenista”, seguì alla lettera la prescrizione di Galeno “fuggi presto, va lontano, torna più tardi che puoi”. Decise, quindi, di allontanarsi da Roma per tornare a Milano. Anche dalla sua città dovette fuggire per l'accusa di eresia formulata in seguito alla denuncia di due appartenenti al movimento quietista. Il Borri venne condannato in contumacia nelle due città di Milano e Roma e, in quest'ultima, venne bruciata la sua effige in Campo dè Fiori, piazza tristemente nota per un rogo ben più famoso consumatosi sessantuno anni prima.

Gli anni successivi lo videro in Olanda e Danimarca, dove continuò i suoi studi e la pratica medica, che gli valse fama di grande oculista. Aveva l'abitudine di non far pagare i meno abbienti e di ricavare, invece, cospicue somme dai più ricchi; questo, unito ad una capacità suggestiva nei confronti dei pazienti, lo portò ad accumulare accuse e citazioni in giudizio.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Astrologia, magia e medicina nella Roma del seicento.

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Navacci
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere moderne
  Relatore: Anna Maria Giraldi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 144

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