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L'isola di Arturo. L'analisi tematologica

Elsa Morante e Arturo: Il Diario del 1938

Elsa Morante era restia a parlare di sé, della sua vita privata, della sua infanzia, tanto che il regista Bernardo Bertolucci, amico della scrittrice e di suo marito Alberto Moravia, ricorda, a proposito dell’ostentata riservatezza di lei, che spesso “accusava Moravia di essere come Hitler, di stare troppo spesso sulle prime pagine dei giornali, mentre un vero artista avrebbe dovuto praticare un riserbo maggiore”206; sono, infatti, poche le testimonianze autobiografiche in nostro possesso: la più importante di queste è il Diario 1938.

Nonostante questa reticenza ostentata, la scrittrice, in più di un’occasione, dichiarò che, se si voleva conoscere qualcosa di lei, non si doveva far altro che intervistare le sue opere: in altre parole, non avrebbe rivelato nulla di sé apertamente, se non tramite la sua arte. So bene quanto sia rischioso tentare di estrapolare informazioni biografiche da un romanzo che, apparentemente, nulla ha a che vedere con la vita dell’autrice. Ma, così come credo che nessuna opera, dichiaratamente autobiografica, riporti in modo necessariamente fedele e oggettivo la realtà vissuta da chi la narra; così, ritengo che qualsiasi forma d’arte risponda ad un bisogno individuale, soggettivo, e, pertanto, quest’individualità si possa rintracciare, in modo, più o meno scoperto, all’interno del prodotto artistico.

Proust era assolutamente contrario a quest’idea, o meglio, alla teoria di critica letteraria di Charles Augustin de Sainte-Beuve, secondo la quale è necessario conoscere la biografia di un’artista, al fine di comprenderne l’opera. Tanto che affermava:

L’opera di Sainte-Beuve non è un’opera profonda. Il famoso metodo che – a detta di Taine, di Bourget e di tanti altri – farebbe di lui il maestro ineguagliabile della critica dell’Ottocento, quel metodo che consiste nel non separare l’uomo e l’opera, nel ritenere che, salvo che non si abbia a che fare con “un trattato di geometria pura”, non sia indifferente, per giudicare l’autore di un libro, l’aver innanzitutto risposto ai quesiti che più sembrano estranei alla sua opera (come si comportava, ecc.); nel premunirsi di tutti i ragguagli possibili su di lui, nel collezionare i suoi carteggi, nell’interrogare le persone che lo conobbero, conversando con loro, se sono ancora vive, leggendo quanto possono aver scritto di lui, se sono morte; questo metodo disconosce quel che c’insegna una frequentazione un po’ approfondita di noi stessi. Ossia, che un libro è il prodotto di un io diverso da quello che si manifesta nelle nostre abitudini, nella vita sociale, nei nostri vizi. Un tale io, se vogliamo cercare di comprenderlo, possiamo attingerlo solo nel profondo di noi stessi, sforzandoci di ricrearlo in noi.

Ma il mio approccio alla vita dell’autrice non avviene, come nel metodo di Sainte-Beuve, a priori, né è, per me, determinante al fine della comprensione del romanzo; tanto che, nella tesi, è posta al terzo capitolo, ovvero, solo successivamente all’analisi strutturale e tematologica (cfr. cap. 1-2). Ciò che mi ha spinta ad indagare, se, all’interno dell’Isola di Arturo, vi fossero elementi autobiografici, è stata, innanzitutto, la curiosità di verificare, se le parole dell’autrice (“ogni romanzo si può considerare autobiografico”, cfr. 3.2) corrispondessero al vero, e, con mia piacevole sorpresa, ho ritrovato notevoli prove di questo. Inoltre, concordo perfettamente con chi crede, come nel caso dello studioso Stefano Ferrari, che “anche l’opera apparentemente più lontana dal vissuto specifico dell’autore in realtà appartenga, e in modo essenziale, al suo Io profondo, che è intessuto di quelle immagini e di quelle fantasie che pur sembrano così capricciosamente fantastiche: perché il suo Io è tutti quei differenti oggetti e personaggi che vivono e sentono in modo così diverso”.

Come fa notare Alba Andreini: "La Morante non vuole sentirsi personaggio nella vita; con lei la realtà è tolta dal tempo cronologico-reale e proiettata non a caso su uno schermo mitico, immaginoso, guardata con occhi che, delle cose, percepiscono anche la loro “seconda natura”, il mistero. Il diario 1938 si muove in tal senso, restio ad aderire ad uno statuto di mero taccuino di vita ed aderente piuttosto ad una sua natura di testo visionario". Infatti, anche nel diario, la scrittrice lascia trasparire poco della propria vita quotidiana, concentrandosi sui sogni, che caratterizzano le sue notti, e a cui tenta di dare delle interpretazioni, basandosi su Freud; ma ci risulta, comunque, utile per cogliere la personalità della scrittrice e per ricavarne qualche informazione biografica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'isola di Arturo. L'analisi tematologica

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Ghidini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Piero Pieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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