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La terza guerra punica - La distruzione di una città, la costruzione di un Impero

Gli ultimi due anni di Cartagine

Il Senato non sottovalutò oltre la resistenza dei Cartaginesi: autorizzò Scipione ad una leva straordinaria tra i confederati italici per completare gli effettivi delle sue legioni; gli fu consentito di portare in Africa quanti più volontari riuscisse ad arruolare e di chiedere, a nome del popolo romano, aiuti e soccorsi ai re ed alle città alleate. Tra i suoi luogotenenti l’Emiliano scelse un amico, Caio Lelio, figlio del Lelio altrettanto caro al nonno adottivo.
Accompagnato da altri due amici greci, Polibio e Panezio di Rodi, Scipione passò in Sicilia; di qui salpò alla volta di Utica.
In Africa intanto, le difese di Cartagine erano state infrante.
Tornata la bella stagione, Pisone aveva di nuovo assediato i borghi dell’entroterra, mentre Mancino continuava a tenere sotto controllo le vie d’ingresso, dal mare, alla metropoli. Incrociando davanti a Cartagine, si era accorto di un’insenatura, nei pressi del sobborgo di Megara (probabilmente intorno a Sidi Bou Saïd), racchiusa in un alto dirupo scoglioso, di difficile accesso e perciò poco sorvegliata.
Un manipolo di temerari vi si arrampicò, senza che le sentinelle se ne accorgessero. Quando, però, posero le scale alle mura, i soldati di guardia proruppero da un accesso vicino agli scogli, deridendo la modestia del gruppetto, che invece non solo li mise in fuga, ma li inseguì varcando la porta e violando finalmente, tra grida di vittoria, le mura di Cartagine. Mancino e molti dei suoi, anche disarmati, abbandonarono le navi precipitandosi a dar manforte ai compagni e prima di sera riuscirono ad occupare un bastione fortificato nei pressi della cinta muraria, dove si arroccarono in attesa dei rinforzi.
Senza viveri e con appena cinquecento uomini, l’ammiraglio inviò degli emissari a Pisone e ai magistrati di Utica per invocarne, rapido, l’intervento. Sul far del giorno i Cartaginesi già attaccavano i suoi uomini per ricacciarli sugli scogli dai quali erano entrati in città.
Scipione giunse ad Utica la sera del raid di Mancino; a mezzanotte ne lesse la lettera indirizzata ai magistrati. Immediatamente ordinò che le trombe suonassero il segnale di guerra, convocando i legionari portati dall’Italia ed i giovani di Utica in età per combattere: gli altri abitanti caricarono le provviste sulle triremi. Liberò alcuni prigionieri punici, perché recassero a Cartagine la notizia del suo arrivo imminente ed inviò dei corrieri a Pisone per farlo rientrare prima possibile. Al tramontare della notte levò le ancore e raccomandò a tutti i soldati di stare in coperta per dare l’impressione di essere in numero anche maggiore del reale.
All’alba Mancino dispose i suoi cinquecento uomini su una linea larga, con l’idea di accerchiare i tremila punici che venivano loro incontro; ma resistettero per poco. Quando ormai il manipolo stavaper precipitare dalla scogliera, le navi di Scipione si stagliarono all’orizzonte cariche di soldati e, sebbene quell’arrivo non li avesse colti di sorpresa, i Cartaginesi si ritirarono, temendo un’offensiva su un fronte rimasto scoperto. E la flotta romana poté accogliere a bordo i guerrieri imbarcati dal coraggio dell’ammiraglio alla scadenza del suo incarico.
Così Appiano. La versione di Zonara diverge tuttavia, e non per dettagli irrilevanti, da quella dello storico alessandrino. Benché sgomenti, i Cartaginesi non cessano di combattere, ma rinunciano solo quando i prigionieri rilasciati da Scipione ne annunciano la presenza. Asdrubale è richiamato all’interno delle mura e le difese rinforzate. Scipione lascia Mancino a sorvegliare la posizione all’interno di Megara, poi raggiunge Pisone per riceverne il comando della flotta, ma presto, alla guida di truppe leggere, si affretta a soccorrere Ostilio investito dal nuovo assalto delle truppe di Asdrubale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La terza guerra punica - La distruzione di una città, la costruzione di un Impero

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Informazioni tesi

  Autore: Vito Ernesto Enriquez
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Lecce
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere Classiche
  Relatore: Giusto Traina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 285

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