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Valutazione della sostenibilità nella gesione del servizio idrico. Il caso Carniacque S.p.A.

Privatizzazione e liberalizzazione del settore idrico

Nell’Europa ottocentesca, la rivoluzione industriale portò a una fuga massiccia di diseredati che arrivavano in città in cerca di lavoro. La borghesia cittadina capì che, nel suo interesse, doveva garantire condizioni di vita minimamente accettabili. Fu così che si realizzarono infrastrutture idriche, reti energetiche, sistemi di trasporto, case per i poveri, ecc... il tutto a spese della fiscalità generale (e a quei tempi le tasse le pagavano solo i benestanti) (Massarutto, 2008a).
E’ necessario tener conto della valenza del "capitale artificiale": in assenza d’intervento umano, l’acqua sarebbe disponibile in luoghi e momenti diversi dai fabbisogni della domanda; le infrastrutture rendono disponibili maggiori quantità d’acqua e con maggior continuità, favorendo l’insediamento umano (De Carli et al., 2003).
Come ben osserva Bernard Barraqué, la risorsa scarsa non è l’acqua, ma il denaro. Denaro che non poteva che esser fornito dallo Stato, giacché l’industria idrica fornisce "opere pubbliche", caratterizzate dalla dominanza di costi fissi, da elevati fabbisogni d’investimento iniziale e da una vita utile pluridecennale (Drusiani et al., 2004).
E’ solo quasi dopo un secolo che tale modello si rivela bisognoso di adattamenti, trasferendo il peso dalla finanza pubblica alle tariffe. L’enfasi si sposta cioè dall'"opera pubblica" alla "gestione del servizio". Da un lato il bilancio pubblico è gravato da altre spese più ingenti, dall’altro, l’efficienza della gestione diventa prioritaria rispetto alla realizzazione della rete (Massarutto, 2008a).
Gli anni 90 sono quelli delle principali liberalizzazioni e privatizzazioni. Le direttive europee furono improntate per ridurre il coinvolgimento dei governi nazionali e avviare le liberalizzazioni delle utility a rete. Il trend ha portato alla liberalizzazione di settori a rete come: il gas, l'elettricità, le telecomunicazioni, ma anche il servizio ferroviario e postale.
Tuttavia, il settore idrico è stato finora largamente immune dalla liberalizzazione Vi sono diverse ragioni, che vanno dalle caratteristiche tecnologiche ed economiche del settore idrico - data la concorrenza diretta sul mercato più difficile che in settori come l'energia e le telecomunicazioni - alle conseguenze ambientali connesse allo sfruttamento di una risorsa naturale scarsa, e al coinvolgimento massiccio di enti locali nella gestione del settore idrico e fognario. Di conseguenza, il servizio idrico nei Paesi dell'Unione europea è in gran parte frammentato, con diversi gradi d’integrazione orizzontale e verticale, e con molte municipalità che offrono il servizio sia direttamente (gestione in house) sia attraverso società di diritto pubblico, isolate da ogni forma di concorrenza.
Inoltre l'acqua è considerata un bene meritorio: a ciascuno deve essere garantito l'accesso, indipendentemente dall'area geografica di residenza e dal livello di reddito. Ciò si tradusse, specie nell'area mediterranea, nel pagamento della risorsa a un prezzo veramente irrisorio. Tale caratteristica ha giustificato la creazione e la persistenza di sussidi incrociati nei meccanismi di prezzo, cosicché gli usi a basso costo (degli utenti urbani e industriali) hanno sussidiato gli usi a costo elevato (usi domestici e agricoli).
Il settore si caratterizzava dall'insufficienza nella copertura dei costi, infatti, le utility coprivano i costi operativi e di capitale (escluso i costi ambientali) solo in parte mediante le tariffe. I deficit di bilancio conseguenti erano alimentati ex post attraverso trasferimenti dal governo centrale o dai bilanci comunali (Amato et al., 2005).
L’attuale crisi della finanza pubblica, il crescente costo della risorsa acqua, e la consapevolezza che la gestione diretta da parte dello Stato non comporta necessariamente il raggiungimento di obiettivi d’interesse generale, hanno spinto verso la ricerca di nuove forme di regolazione e di gestione dei servizi. Si ritiene che il settore pubblico abbia ormai raggiunto una soglia critica, che impedisce un aumento ulteriore della spesa pubblica; le risorse finanziarie pubbliche vengono destinate prioritariamente al welfare state, mentre è preferibile coinvolgere i privati nella gestione dove sussiste la possibilità di trasferire il costo agli utilizzatori finali (Fazioli, 2007).
Come osserva Rogers:
"Nel passato la maggior parte delle città e delle aziende dei servizi idrici mondiali hanno distribuito acqua (quasi) a titolo gratuito ai loro utenti, in quanto l’acqua era una risorsa relativamente poco costosa e ampiamente disponibile. Ma oggi, poiché il servizio è richiesto da comunità sempre più numerose, l’unico modo per assicurare che tutti abbiano accesso a questo bisogno primario è razionalizzare la risorsa. E probabilmente il modo migliore per garantire un adeguato utilizzo della risorsa è assegnare un prezzo all’acqua, e costruire appropriate strutture tariffarie per soddisfare i differenti obiettivi sociali, politici ed economici nelle diverse situazioni."
Occorre quindi considerare l’effetto benefico che l’ingresso dei capitali e delle capacità imprenditoriali del privato apportano nella gestione del servizio (Amato, 2008b).
Lo scopo qui non è quello di affermare la superiorità del privato sul pubblico, opponendoci al principio, sancito dall’Unione Europea come dalla teoria economica, di neutralità dell’assetto proprietario nell’erogazione dei servizi.
Infatti, ad un analisi più attenta il rapporto tra efficientamento e liberalizzazione non è poi così immediato.
La causa è la stessa complessità del settore; si possono inserire meccanismi di competitività in alcuni segmenti del mercato, mentre altri, che presentano caratteristiche di monopolio naturale, continuerebbero a necessitare della regolamentazione e del monitoraggio dell’autorità pubblica.
Anche i numerosi rischi connessi all’industria fortemente capital intensive non facilitano l’attrazione di capitali privati, poco inclini ad assumersene i rischi correlati (Raggetti et al., 2004).
E’ però importante comprendere che l’ingresso di capitali privati nell’impresa comporta maggiori stimoli all’innovazione e all’efficienza tecnologico-gestionale, dovuta al fatto che il privato ha come fine la massimizzazione del profitto (Amato, 2008b).

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Zollia
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Udine
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia
  Relatore: Antonio Massarutto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 188

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acqua
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