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Tav in Val di Susa: una vicenda controversa

Tav spa e la “grande bugia”

L’elemento che però rendeva realizzabile tutta l’architettura finanziaria finora descritta e denominata “project financing” era proprio la costituzione della società Tav Spa. Tale società venne presentata nel 1991 come una società con il 60% di capitale privato e quindi il finanziamento del progetto sarebbe stato per il 60% privato. In realtà il finanziamento privato consisteva esclusivamente in prestiti accesi da Tav Spa presso le banche e con totale garanzia del socio pubblico, lo Stato.
Ma per far questo Lorenzo Necci, amministratore delegato di FS, nel frattempo diventata una Spa, dovette autonominarsi presidente di Tav Spa, al posto di Salvatore Portaluri, presidente di una società con capitale corrispondente a un ventesimo del primo prestito richiesto (2.000 miliardi) che non avrebbe offerto alcuna garanzia. Ecco che invece i prestiti furono garantiti dall’amministratore delegato di FS (e quindi dal suo unico socio, lo Stato), ma furono pubblicamente presentati e messi in bilancio dal presidente di Tav Spa, lo stesso Necci.

Riassumendo si delinea la situazione seguente: fu creata la Tav Spa, una sorta di scatola vuota controllata al 100% da aziende statali e che operava in regime privato come concessionaria unica dell’opera; venne creato il general contractor, concessionario unico con l’esclusione della gestione dell’opera, responsabile di progettazione, direzione dei lavori e realizzazione dell’opera, autorizzato a subappaltare al di sopra dei rischi d’investimento e di gestione; infine venne istituito il project financing, mediante il quale l’amministrazione garantiva copertura del 100% dei costi per la realizzazione, degli interessi passivi dei debiti che la Tav Spa avrebbe potuto accendere presso istituti di credito privati in mancanza di fondi pubblici e dell’eventuale passivo di esercizio dell’opera.

Nel 1992, senza che nessun lavoro fosse ancora iniziato, Lorenzo Necci istituisce due figure nuove: il “Comitato per i nodi e le aree metropolitane” con obiettivo lo studio di nuovi modelli ferroviari connessi alla trasformazione urbana, e il “Garante” dell’alta velocità con il compito di studiare l’impatto diretto ed indiretto del sistema italiano ad alta velocità sul territorio e sul sistema produttivo del Paese. Il Comitato era composto da Susanna Agnelli (Presidente), Carlo Maria Guerci, Giuseppe De Rita e Renzo Piano, mentre Garante fu nominato Romano Prodi.
Per lo svolgimento delle attività del Comitato e del Garante, la delibera stanziava la somma di nove miliardi di vecchie lire stabilendo altresì che sia il Comitato che il Garante potevano avvalersi di strutture professionali esterne da essi prescelte e che furono la Renzo Piano Building Workshop Srl con sede in Genova e la Nomisma Spa con sede in Bologna. Renzo Piano dunque scelse come supporto una sua società, mentre Romano Prodi una società della quale era un autorevole collaboratore.

I compensi trasferiti al Comitato e al Garante non furono mai dichiarati ma si sospetta che superarono abbondantemente i nove miliardi stanziati inizialmente. Soprattutto non fu mai chiara la necessità di creare queste due nuove figure per un progetto che era già avviato e contrattualizzato. Questo il pensiero di Ivan Cicconi:
“Le nomine del Comitato e del Garante però garantivano il sostegno a, o il silenzio su, un progetto tecnicamente sbagliato e costruito su bugie talmente evidenti che solo con l’invito al banchetto anche di personaggi famosi o illustri il pranzo poteva apparire più degno di essere consumato. Serviva il sostegno o il silenzio di persone autorevoli e in quel momento particolarmente corteggiate dalla politica, come Susanna Agnelli e Romano Prodi. Serviva anche il sostegno o il silenzio di Carlo Maria Guerci, presidente del Cesit, il più importante centro studi sul trasporto ferroviario, nonché consulente di FIAT ferroviaria. Serviva pure il sostegno o il silenzio di Giuseppe De Rita, presidente del Censis e autore del più importante e commentato rapporto socio-enonomico annuale sul Paese. Serviva il sostegno o il silenzio dell’architetto italiano più celebre, per arricchire il banchetto e garantire il posto a tavola ad altri famosi architetti.”

Questo brano è tratto dalla tesi:

Tav in Val di Susa: una vicenda controversa

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Informazioni tesi

  Autore: Nicolo' Salis
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della Comunicazione
  Relatore: Luciana Giacheri Fossati
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 208

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