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Lo sciismo in Iraq. Dalla repressione all'emergenza politica.

Il rapporto tra il partito Ba’th e lo sciismo

Alcuni membri del gruppo di ‘Arif, compreso il colonnello Ibrahim al-Dawud ritenuto sotto l’influenza clericale, rovesciarono il leader riportando pienamente al potere il Ba’th. Il periodo bathista prima e quello di Saddam Husayn poi, rappresentarono uno dei periodi più bui nelle relazioni tra lo sciismo e il potere. Non solo, infatti, vi erano delle evidenti divergenze nell’impianto ideologico dei due gruppi, ma la prassi di governo inaugurata dai bathisti, i cui tratti caratteristici erano il clientelismo e il nepotismo, rendevano ancora più inaccettabile per gli ulema il nuovo partito al governo, composto tra l’atro in via quasi esclusiva da sunniti.
Il conflitto scoppiò apertamente tra le due compagini nel 1969 quando Hasan al-Bakr tentò di persuadere l’ayatollah Mushin al-Hakim a schierarsi esplicitamente contro l’Iran nella disputa che contrapponeva i due paesi per la definizione del confine sullo Shatt al-Arab. Il rifiuto da parte dell’ayatollah di prendere posizione spinse il governo ad adottare una campagna repressiva nei confronti del clero iracheno ma anche di quello iraniano. Gli studenti provenienti dall’Iran vennero arrestati e espulsi l’università Kufa a Najaf venne chiusa e i suoi possedimenti furono sottoposti a confisca; infine, circa ventimila persone di origine iraniana furono portate al confine e costrette a passare dall’altra parte. La campagna di repressione provocò delle proteste in seno alle alte cariche del clero sciita iracheno che reagì organizzando una marcia da Najaf a Baghdad, guidata dall’ayatollah al-Hakim. Il gran numero di sciiti accorsi per rendere omaggio alla loro guida impensierì non poco il governo, tanto che i servizi segreti costruirono ad arte delle imputazioni nei confronti del figlio dell’ayatollah per poterlo arrestare.
Benché l’arresto del figlio di al-Hakim fosse una chiara manifestazione del fatto che il governo era disposto ad usare qualunque mezzo per avere la meglio sull’opposizione sciita, questo non fermò, ma anzi intensificò, le proteste contro gli arresti arbitrari, le torture, le espulsioni e le confische perpetrate contro coloro che osavano contraddire il sistema. La risposta del governo fu tutt’altro che accomodante: altri ulema sciiti furono arrestati e un ‘alim sunnita, lo sceicco ‘Abd al-‘Aziz, venne ucciso. La decisione di sacrificare anche un membro del clero sunnita nasceva dalla paura che la possibilità di un’ alleanza tra le due fazioni islamiche suscitava negli ambienti governativi. L’eventualità era considerata così tanto pericolosa che il Ba’th decise di abbandonare ogni parvenza di rispetto nei confronti dei valori religiosi islamici e proibì la lettura pubblica del Corano e l’insegnamento religioso all’interno delle scuole statali. In controcorrente rispetto al quietismo che era tipico dei credenti sciiti, il livello di tensione restò a livelli altissimi e le manifestazioni di protesta continuarono a susseguirsi in tutto il sud sciita.
Da parte sua anche il governo era ben deciso a non cedere e nel 1970 le vessazioni contro il clero si intensificarono quando il governo dichiarò di aver scoperto un complotto, guidato dall’Iran, per rovesciare il regime iracheno. Il presunto complotto servì da pretesto per inaugurare una campagna di epurazione indirizzata non solo contro i religiosi, ma anche contro coloro che erano accusati di simpatizzare con organizzazioni islamiche tanto sciite quanto sunnite.
Nell’estate del 1970, la morte dell’ayatollah al-Hakim portò a un cambio di leadership. Baqir al-Sadr, fondatore del citato partito Dawa, divenne la figura di spicco e molti dei seguaci del defunto ayatollah trasferirono a lui la loro fedeltà. Restavano invece scettici gli ulama anziani che lo consideravano un radicale dalle idee pericolose. Si trovavano in disaccordo soprattutto sul suo attivismo politico esercitato attraverso il partito Da’wa, nonché sulle sue interpretazioni giuridiche. Nonostante i dubbi interni, la sua ascesa rappresentava un sintomo preciso del cambiamento in atto: lo sciismo stava diventando, sempre più, una parte integrante del dibattito e dell’opposizione politica. Lo stesso ayatollah Khomeini, esiliato in Iraq dal 1965, tenne a Najaf una serie di seguitissime conferenze in cui invocava la formazione di uno Stato islamico dove i religiosi avrebbero dovuto avere un ruolo primario. Le problematiche messe sul piatto dall’ayatollah iraniano ponevano la comunità sciita davanti a preoccupazioni molto più grandi di quelle che era abituata ad affrontare. Per questo l’appello di al-Sadr ad aderire alla causa irachena tentava di valicare le divisioni interne al mondo musulmano per concentrare l’attenzione sul pericolo posto dal secolarismo. La situazione degli sciiti in Iraq era del resto molto particolare in quanto i seguaci di ‘Ali erano costretti a sottostare a uno Stato governato dagli ufficiali militari sunniti, cosa che impediva ai capi religiosi di avere mezzi efficaci per contrastare le forze messe in campo dal regime. Nonostante la capacità di controllo che aveva su di essi, il governo temeva la presenza di eminenti personalità in grado di creare una forte coesione sociale all’interno della comunità degli sciiti, cosa che poteva fare da contraltare alla base di potere sunnita concentrata nella zona nord-ovest del paese. Per ovviare a questa, potenzialmente destabilizzante, coesione sociale, il governò tento di inserire nella propria rete clientelare alcune famiglie sciite facendo in modo che esse fossero privilegiate rispetto alle altre. Grazie a questo “patronato selettivo”, che aveva come conseguenza quella di creare delle fratture all’interno della compagine sciita che appariva sempre più compatta, il governo riuscì, quindi, ad esercitare un certo controllo anche sui gruppi sciiti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Lo sciismo in Iraq. Dalla repressione all'emergenza politica.

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Informazioni tesi

  Autore: Stefania Secci
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Patrizia Manduchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 74

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