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Sopravvivere al crimine: i bisogni di cura, di giustizia e di assistenza

Il ruolo della vittima all'interno del sistema di giustizia penale americano

Attualmente il governo federale degli Stati Uniti possiede una sorta di legislazione che garantisce la tutela dei diritti delle vittime di crimine relativamente alle fasi delle procedure giudiziarie. Tra le varie forme di garantismo vi sono il diritto di informazione riguardante gli sviluppi dell'eventuale processo ai danni del colpevole del reato subito, il diritto di richiedere il risarcimento, il diritto di ricorrere ad una forma alternativa di giustizia riparativa e infine il diritto di partecipare attivamente al procedimento giudiziario (Hall, 1991).

A partire dagli anni '70 grazie agli sforzi di due forze sociali apparentemente distanti e opposti fra loro, il movimento femminista e i gruppi cosiddetti “law and order”, per far cadere l'attenzione dell'opinione pubblica sulla condizione delle vittime di violenza sessuale, il governo degli Stati Uniti ha iniziato ad adottare cambiamenti nelle procedure di giustizia penale per rendere il sistema più focalizzato sulle questioni riguardanti le vittime.

Inizialmente le prime modificazioni si sono concentrate sulla risoluzione dei problemi economici e psicologici che le vittime sperimentano in seguito al crimine. In quest'ottica sono sorti i primi programmi finanziati dal Governo di assistenza e risarcimento per le vittime e via via diffusi in tutti gli Stati della Federazione (Erez, 1989).

Successivamente i Dipartimenti di Polizia hanno iniziato ad educare i propri agenti, tramite l'attivazione di programmi di formazione specializzati sui bisogni delle vittime e sulle strategie per ridurre al minimo i “victim-blaming behaviors”. In aggiunta sono state approvate delle "leggi-scudo" per le vittime di stupro con l'obiettivo di limitare e controllare le modalità con cui gli avvocati della difesa esercitano in sede processuale il diritto legittimo di interrogare la vittima in merito alla sua vita sessuale (Kilpatrick & Otto, 1987) e nei palazzi di giustizia sono state istituite camere separate per accogliere i partecipanti della difesa e dell'accusa (Cannavele, 1975).

Sebbene questi cambiamenti sono stati accolti positivamente dalle vittime, tuttavia con il passare del tempo è aumentato il malcontento e la frustrazione poiché in sostanza nulla è cambiato in merito alla loro posizione all'interno del sistema giuridico. Su quest'onda negli anni'80 sono state sviluppate numerose ricerche accademiche per dimostrare l'importanza del coinvolgimento delle vittime nelle azioni giuridiche (per una rassegna sull'argomento vedere Kelly, 1987; Shapland, Villmore & Duff, 1985).

Nel 1982 il governo statunitense ha incaricato una commissione di studiosi, la “President's Task Force on Victims of Crime”, con l'obiettivo di analizzare la posizione delle vittime nei processi di giustizia penale. Sul modello americano anche altri paesi del Common Law hanno adottato lo stesso sistema di ricerca.

Nello stesso periodo tutta la comunità internazionale si è confrontata sul tema del bisogno di integrare attivamente le vittime nel sistema penale e cos. nel 1985 le Nazioni Unite, in occasione del “7th Congress on the Prevention of Crime and Treatment of the Offender” (tenutosi a Milano) ha adottato una dichiarazione, ancora in vigore tutt'oggi, in cui viene esplicitato il diritto della vittima di esporre in sede processuale il proprio punto di vista e le sue preoccupazioni.

A partire dal 1982, anno in cui venne pubblicizzato il rapporto della commissione “President's Task Force on Victims of Crime”, sono state sollecitate numerose riforme per garantire alle vittime il diritto di presenziare e di essere ascoltate in ogni fase del processo. Lo stato dell'Alabama è stato il primo a mettere in atto questa Raccomandazione quando, dal 1983, ha permesso alle vittime di sedere al tavolo del pubblico ministero durante il processo e di partecipare alle udienze e alle riunioni dei magistrati, eccetto in quelle occasioni in cui anche l'imputato pu. essere escluso (Erez, 1989).

Nel 1990 venne emanata la legge “Victims' Rights and Restitution Act” nella quale si fa riferimento specifico al diritto delle vittime di presenziare a tutte le procedure processuali, di essere informate sull'arresto, sulla condanna, sulla sentenza, sull'eventuale messa alla prova e sul rilascio o morte del colpevole e sulla possibilità di rivolgersi a servizi presenti sul territorio per ricevere supporto pratico, medico, psicologico, economico (Erez, Roeger, & Morgan, 1994).

La maggioranza degli stati della Federazione ha approvato leggi sui diritti delle vittime i cui intenti variano dall'obbligo da parte delle forze dell'ordine di trattare con gentilezza le vittime (Rhode Island) al permesso di sedere al tavolo con il pubblico ministero durante lo svolgimento del processo (Alabama). Tuttavia bisogna ricordare che in nessuno Stato le vittime, anche se hanno diritto di esprimere il loro parere all'interno del processo penale, non hanno potere di veto. Spetta al giudice o alla giuria popolare decidere l'esito della vicenda giudiziaria in ultima istanza.

Per alcune categorie di vittime particolarmente vulnerabili, come i bambini e le vittime di violenza domestica, sono state varate delle leggi speciali per la loro tutela giudiziaria. Sicuramente il problema delle vittime di abuso domestico è diventato negli ultimi anni un tema di priorità assoluta per il Governo che, nel 1984, ha emanato il “Victims of Crime Act” nel quale si raccomanda, in riferimento al lavoro degli agenti di polizia, che “domestic violence victims should be treated as seriously as any other crime victims” (Shapland, Villmore & Duff, 1985).

Non va infine dimenticata forse la riforma più ampia in tema di partecipazione delle vittime nel sistema giudiziario, la “Victim Impact Statements” (VIS), la quale permette alle vittime di descrivere sotto forma di una dichiarazione scritta (presentata al giudice prima che emani il verdetto di condanna) i danni fisici, economici ed emotivi che il crimine subito ha causato loro. La Corte poi sceglie in che grado tenere in considerazione questo materiale quando dovrà decidere sulla condanna da emettere.

Esiste una forma simile di VIS più soggettiva, la “Victim Statements of Opinion” (VSO), prevista nella maggioranza degli stati membri, in cui è permesso alle vittime di esprimere, per scritto o di persona davanti alla Corte, il loro parere sulla condanna che il colpevole dovrebbe ricevere per il danno che ha causato loro (Erez, Roeger, & Morgan, 1994).

Secondo i critici questa pratica avrebbe un risvolto negativo per le vittime perché creerebbe in loro delle aspettative che poi non si potrebbero realizzare (Fattah, 1986). Ad esempio se un giudice non è disposto a considerare le opinioni di una vittima, questa pu. sviluppare risentimento e sentirsi amareggiata perché le sue richieste non sono state soddisfatte. Tuttavia la legge non obbliga le vittime a stilare lo statements e nemmeno impone ai giudici di tenerne conto sempre, ma le vittime spesso vedono questo come un dovere e a volte il processo di confrontarsi con gli effetti drammatici del reato pu. essere fonte di stress e trauma.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Sopravvivere al crimine: i bisogni di cura, di giustizia e di assistenza

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Quaranta
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Marco Zuffranieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 182

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