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Tentativo d’integrazione di misure geodetiche satellitari e terrestri: uno studio su Vulcano

Avanzamento dell'instabilità

Con il continuo accumulo di lava e di materiale piroclastico, l'edificio vulcanico diventa progressivamente più ripido fino ad acquistare una forma strutturalmente instabile. Se le eruzioni continuano questa instabilità può, essa stessa, causare un avanzamento della faglia fino ad avere un distaccamento e conseguente scivolamento di una porzione dell'edificio vulcanico.
Un catastrofico esempio di un tale comportamento è stato osservato nel 1980 sul Monte St. Helens, in cui, a causa della forte pressione dei gas magmatici, oltre 3 km3 di roccia del fianco nord è collassata facendo scivolare il vulcano e causando una grande eruzione piroclastica.
Prima dell'avvento delle manifestazioni violente, è possibile prevedere luogo e periodo degli eventi dallo studio dell'aumento e della propagazione delle microfratture e dai movimenti precursori.
Tra il 1982 e il 1989 sull'Etna, invece, si è osservata un'interessante azione reciproca tra attività eruttiva e aumento dell'inclinazione fino a quasi raggiungere i limiti di stabilità. Si è infatti misurato un aumento dello scivolamento annuo del fianco est del vulcano, da 2 cm nel 1982-83 a 18 cm nel 1984-85.
Tale comportamento indica una porzione d'edificio che sta per staccarsi e cadere; così, divenne plausibile l'idea dell'imminente collasso di una porzione dell'edificio vulcanico per la fine del 1985. Invece nonostante l'eruzione del 25 dicembre 1985 e quelle nel periodo 1986-'87, non si osservò alcun evento catastrofico ma solo qualche limitata frana.
L'attività si concluse nel settembre del 1989 con un'altra eruzione nel periodo in cui era atteso un altro collasso del fianco est, cioè si è osservata un'azione reciproca tra aumento dell'inclinazione del fianco orientale del vulcano e attività eruttiva (McGuire et alli, 1995).
Studi più recenti, eseguiti con tecniche di rilevamento geodetico più moderne, hanno mostrato la complessità della dinamica di scivolamento dell'intero versante orientale del vulcano; infatti le dislocazioni avvenute in questa porzione dell'Etna hanno prodotto una dilatazione dell'area sommitale, allungata in direzione E-W e limitate verso N e verso S da due aree di contrazione. Per Bonforte e Puglisi (2003), la deformazione misurata durante questo periodo, potrebbe essere considerata come la risposta del fianco orientale del vulcano, non-compressivo, all'inflazione generale dell'edificio prodotta dal nuovo riempimento di un serbatoio magmatico. Tale complessità delle dinamiche di scivolamento è legata al fatto che l'Etna si è formato sull'intersezione di due allineamenti tettonici regionali, la scarpata Ibleo-maltese in direzione NNW-SSE, che separa la crosta continentale spessa della piattaforma africana dalla crosta oceanica dello Ionio Mesozoico, e la faglia Messina-Fiumefreddo in direzione NE-SW, che segna una zona di fratturazione tra la Calabria meridionale e la Sicilia nord-orientale. Queste strutture si estendono per l'intera area dell'Etna (Bonforte e Puglisi, 2006).
Questi e altri studi (Bonforte et alii, 2007; Bonaccorso et alii, 2006; Bonforte et alii, 2008; Puglisi et alii, 2009), hanno confermato le relazioni tra dinamica di scivolamento e attività eruttiva di fianco.

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Tentativo d’integrazione di misure geodetiche satellitari e terrestri: uno studio su Vulcano

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Informazioni tesi

  Autore: Angelo Marco Naso
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Fisica
  Relatore: Stefano Gresta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 164

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