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L’iconografia di Giovanni II Bentivoglio (1443 - 1508) nella vicenda del ritratto europeo tra Quattro e Cinquecento

Il ritratto nel Rinascimento europeo

Il Rinascimento si è distinto per la concezione di porre l'uomo al centro del mondo, protagonista del suo destino e forte della propria coscienza.
L'umanesimo portò la cultura a focalizzare l'attenzione sull'individuo in quanto tale, sulle sue capacità, le sue possibilità. Non sorprende che il genere artistico del ritratto abbia trovato, proprio in questa epoca, il suo momento d'oro. Anche la figura dell'artista si pose sotto una diversa ottica, proprio attraverso il legame con il genere ritrattistico. Ci si chiedeva dunque, entro quale intervallo un artista doveva operare, rispetto agli altri generi, certo, ma anche e soprattutto nei riguardi della Natura. Si pose un'ulteriore domanda: poteva, il ritratto rappresentare un genere unitario ma indipendente, raggiungere gli alti livelli a cui erano giunte l'arte sacra e le raffigurazioni storiche? Ciò ha delineato uno dei problemi fondanti per la trattatistica e la storia stessa del genere artistico.
Eppure l'autonomia del ritratto esisteva già. Attraverso un'analisi etimologica, si scopre che la terminologia specifica del ritratto deriva dai verbi latini retraho e protraho, rispettivamente nei significati di copiare e riprodurre. Dal primo verbo, erano derivati i termini spagnolo ed italiano retratto e ritratto, mentre dal secondo, da cui ebbe origine, a sua volta, la parola latina protractura, si sono avuti il francese portraiture, l'inglese portrait ed il tedesco portraït.

Il senso che hanno avuto questi lemmi dal Cinquecento in avanti era quello di "ritratto autonomo di persona somigliante al modello". Nel Vocabolario della Crusca del 1612, appare con questo significato "Ritratto: Figura cavata dal naturale".
Bisogna, però, far attenzione al verbo cavare, da intendersi anche come sottrarre, o ancora come esprimere, descrivere e dimostrare. Termini e accezioni che vanno oltre il semplice significato di copiare e riprodurre, ma che creavano un colto parallelismo tra pittura e scultura, tra immagine e parola.97 Il ritratto quale immagine, si poteva ricondurre anche attraverso il significato greco di ειδεν vedere, al binomio concettuale ειδοσ − ειδολον e, nonostante la medesima discendenza etimologica, i due termini erano a capo di due concetti diversi, "due qualità del vedere".
Nel primo caso si trattava del vedere passivo, sensorio, che tendeva solo a copiare ed assorbire un oggetto sensibile esterno, nel secondo caso, invece, si trattava di un guardare libero, attivo, attraverso un processo formativo. Il ritratto aveva, inoltre, discendenza filiale dal'icona, che comparve quale immagine sacra, nel V secolo d.C. I termini greciεικον−εικονοσ, avevano, ed hanno, il significato di immagine-ritratto, in tal caso atta ad indicare ogni immagine di Cristo o della Madonna con funzione devozionale.

Tale compito, era legato all'estrapolazione di immagini da un contesto puramente narrativo, portate ad una contaminazione con il valore magico delle raffigurazioni, rese simbolicamente autonome.
L'icona è stata il precedente per antonomasia del ritratto a mezzo busto rinascimentale. Essa univa, al contempo, l'imano pietatis e l'inquadramento spaziale della finestra, permettendo l'uso della neonata prospettiva e del paesaggio in sfondo, mentre il vano architettonico ricreato, consentiva inoltre, la possibilità di dipingere oggetti simbolici relativi alla Mater Christi.
Il ritratto dell'età moderna, doveva, perciò, esser in grado di rendere la forma e l'anima del soggetto, a differenza di quanto accaduto per le epoche precedenti, che facevano della massima resa formale, il carattere precipuo dell'opera pittorica. Nell'epoca moderna, dunque, questo genere era indotto a fare dell'elemento fisico e dell'elemento psichico un tratto unitario, cercando di creare una composizione ordinata delle due parti, al fine di riconoscere nel ritratto dell'uomo "un senso certo e solido, una ragione retta da un'armonia non casuale" ed a tal fine, l'artista doveva lavorare tra la realtà del visibile ed "il momento interiore della visione".
Il tema della pittura che fa sopravvivere l'uomo, allo stesso titolo di un'amicizia, di un amore, è tipico della concezione umanistica del ritratto, e affrontato anche dall'Alberti.

Il cosiddetto "ritratto in assenza", aveva lo scopo plurimo di rendere effettiva la presenza di un assente, che fosse un amore, un amico, un familiare o un defunto. A tutt'oggi, la fotografia svolge ancora questo ruolo. A quanto pare, l'idea di Leon Battista Alberti, per la quale, un ritratto avrebbe avuto il potere di render vivi i morti, aveva attecchito anche sulle scelte degli artisti. Da Jan Van Eyck a Giorgione, non erano rari i ritratti in cui, su un parapetto, apparivano delle enigmatiche lettere, "V.V." decifrate poi come acronimo di "Vivus Vivo"o"Vivens Vivo", in grado di riassumere una forma di dialogo da vivo a vivo, che sembra destinato ad unire, nella stessa sopravvivenza oltre la morte, quella dell'opera d'arte, il modello e l'artista. Altra vittoria del ritratto, in questo senso, era proprio quella sulla morte, attraverso ciò che si suole definire "il ritratto vivo di un defunto". La morte, nel suo accadere, può ancora ispirare un'immagine di vita, dato che, il ritratto rappresenta una forma di memoria che va oltre della sua morte. E' come se il ritratto avesse cristallizzato la dipartita, dando vita ad un modello ormai assente.
Come affermato da Cesare Brandi nel 1947, "l'artista effettuerebbe, innanzitutto, una sorta di neutralizzazione dell'oggetto esistenziale, rendendolo poi fenomeno".

Luigi Grassi, invece, ribatteva che il concetto di somiglianza estetica starebbe alla base delle scelte dell'artista, anche in caso di persona storica. Resta il fatto che, al di là di implicazioni storiche e sociali, il ritratto sembra il genere artistico valevole di una vicinanza all'animo umano molto forte. L'idea del ritratto come forma di presenza è stata da sempre in grado di suscitare le più varie emozioni.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L’iconografia di Giovanni II Bentivoglio (1443 - 1508) nella vicenda del ritratto europeo tra Quattro e Cinquecento

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Informazioni tesi

  Autore: Azzurra Immediato
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia dell'arte
  Relatore: Angela  Ghirardi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 224

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