L'istituto dell'apprendistato: evoluzione normativa e contenuti formativi. Dalla legge n.25/1955 al decreto legislativo n.167/2011.

Nel presente paragrafo si tenterà di illustrare il ricco scenario della formazione all'interno del contratto d'apprendistato, momento fondante della causa mista che dona particolarità all'istituto e, al contempo, suo punctum dolens, a causa del rischio di permeabilità a comportamenti illegittimi. La formazione nell'apprendistato, tradizionalmente intesa, si costituisce di un addestramento pratico affiancato da un insegnamento aggiuntivo, volto a fornire al giovane lavoratore nozioni teoriche. Lo svolgimento delle mansioni stimola l'area dell'apprendimento delle nozioni tecniche, mentre la didattica complementare mira ad ottenere un maggior livello di professionalità corrispondente. Come si può evincere dal paragrafo inerente all'evoluzione normativa, si tratta di un addestramento al lavoro tramite il lavoro, ma la finalità di acquisire una precisa professionalità impone una specializzazione tale da farne lo strumento adeguato per l'apprendimento di un mestiere altamente qualificato, escludendo perciò la possibilità di adibire l'apprendista a mansioni elementari e routinarie. Tuttavia, dev'essere rammentato come tale orientamento, a riguardo del quale sussisteva anche una previsione normativa (art. 11 lett. l) l. n.25/1955), sia entrato in crisi a seguito dell'introduzione dell'art.85, c.1 lett. b) del d.lgs. n.276/2003, che abrogò espressamente la disposizione della legge n.25/1955. A questo punto sembra lecito porsi alcune domande, come ad esempio cosa conterrà il piano formativo di un apprendista adibito a lavorazioni elementari (per le quali non risulta necessaria la sussistenza di una didattica complementare) e se si può considerare legittimo un contratto di apprendistato per mansioni semplici (che non andranno a formare una qualifica di lavoratore specializzato). In generale si può affermare il progressivo cambio di direzione che sta subendo la nozione di addestramento pratico, a partire dall'accesso, con riguardo a
due tipologie su tre, esteso fino ai ventinove anni e dall'eliminazione della durata minima dell'apprendistato professionalizzante (ai sensi dell'art.23 del d.l. n.112/2008), che apre le porte alla stipula di tale tipo di contratto con riguardo anche alle attività stagionali e a quelle, più genericamente, di breve durata. Anche l'Unione europea ha contribuito ad ampliare e rendere più vago il concetto di formazione, fornendo un orientamento secondo il quale la formazione professionale può comprendere l'insegnamento superiore non universitario, nonché qualsiasi forma di insegnamento che prepari ad una qualifica per una determinata professione, mestiere o attività, o che conferisca l'idoneità ad esercitare tale professione, mestiere o attività, qualunque sia l'età ed il livello di preparazione degli studenti, anche nel caso in cui il programma d'insegnamento comprenda materie di carattere generale. Per formazione professionale pare dunque possa essere inteso tutto ciò che sia professionalizzante in senso proprio, ed idoneo alla formazione complessiva dell'individuo.