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Nel nome del pesce

Pesca, acquacoltura e crisi economica

Le difficoltà incontrate dall’industria ittica italiana, riscontrate anche tra molte altre industrie europee del settore, riguardano in particolare il comparto del tonno in scatola, il più importante in Italia nell’ambito della lavorazione e conservazione di pesci e di prodotti a base di pesce. L’aumento dei costi energetici ha ulteriormente penalizzato l’industria ittica. Il 2008 si è chiuso, secondo le più recenti stime Ismea, con una riduzione della domanda finale: il consumo pro capite dovrebbe essere sceso a 20.6 kg, il livello più basso degli ultimi dieci anni. La diminuzione dei consumi interni dovrebbe aver riguardato soprattutto la componente extradomestica, in quanto gli acquisti domestici di prodotti ittici hanno segnato, complessivamente, un calo dello 0,8% rispetto al 2007, in un contesto generale di tenuta dei consumi alimentari (+0,5%). In particolare, la domanda di pesce fresco ha accusato una netta riduzione (–3,1%); al contrario i consumi di prodotti trasformati sono cresciuti dell’1,7%: fra questi, i congelati sfusi, economicamente più convenienti dei freschi, hanno anche registrato una lieve flessione dei prezzi nel 2008. Anche il tonno in scatola, per le molteplici funzioni d’uso, ha mostrato una ripresa dei consumi domestici, nonostante il rincaro rilevato nel 2008. Anche gli approvvigionamenti all’estero sembrano aver risentito della contrazione della domanda interna; in effetti, secondo le stime Ismea, il 2008 dovrebbe essersi chiuso con una flessione dell’import, dopo la crescita in atto da numerosi anni. Contestualmente, le esportazioni, stabili nel 2007, dovrebbero aver mostrato, a fine anno, una netta riduzione (superiore al 7%) dovuta anche alla diminuzione della produzione interna. A livello comunitario, l’Italia continua ad essere il Paese con la maggiore dipendenza commerciale dall’estero: il livello del deficit è risultato nel 2007 il più elevato con riferimento agli scambi complessivi e a quelli intra-UE; negli scambi extra-UE, l’Italia è preceduta da Spagna, Regno Unito e Svezia. Il ruolo dell’Italia come paese esportatore è assolutamente marginale, con una quota dell’export comunitario scesa nel 2007 al 3,2 %. Inoltre, una percentuale estremamente elevata delle esportazioni (78,6 % nel 2007) è destinata all’UE: Spagna, Germania, Francia e Grecia assorbono circa il 60 % dell’export nazionale. Nei principali Paesi dove si esporta, l’Italia occupa una posizione di fornitore secondario, in quanto i prodotti italiani freschi spesso non hanno un’identità specifica che li differenzi da quelli dei diretti concorrenti e, di conseguenza, possono competere soltanto sul prezzo. Salvo qualche eccezione (è il caso ad esempio delle alici o acciughe sul mercato spagnolo) la scarsa differenziazione dell’offerta sta, quindi, rendendo la posizione competitiva dell’Italia sempre più vulnerabile alla maggiore presenza di prodotti provenienti da Paesi Terzi, venduti a prezzi più bassi. Sul fronte dell’import, anche se poco meno del 60 % degli acquisti complessivi vengono effettuati nell’UE (la percentuale raggiunge l’80 % se si considerano le importazioni di prodotti ittici freschi), negli ultimi anni sono stati soprattutto i Paesi extra-UE a incrementare le vendite in Italia. Ecuador, Thailandia, Argentina, Perù, Marocco, Messico e India sono tra i principali fornitori di prodotti ittici trasformati e negli ultimi anni sono riusciti a conquistare crescenti quote di mercato grazie all’applicazione di prezzi più bassi e in alcuni casi in flessione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Nel nome del pesce

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Informazioni tesi

  Autore: Yuri Galletti
  Tipo: Tesi di Master
Master in Gestione della fascia costiera e delle risorse acquatiche
Anno: 2011
Docente/Relatore: Alberto Felici
Istituito da: Università degli Studi di Camerino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 28

FAQ

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