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Integrazioni probatorie nel giudizio abbreviato

Diritto alla controprova in capo al Pubblico Ministero

Il comma quinto dell’articolo 438 c.p.p. riconosce in capo al pubblico ministero, nel caso in cui il vaglio di ammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato condizionata all’espletamento di attività di integrazione probatoria si concluda con esito positivo ed il rito sia quindi ammesso, la facoltà di chiedere l’ammissione di prova contraria su quei medesimi fatti che costituiscono oggetto dell’attività di integrazione probatoria richiesta dall’imputato. Il diritto alla controprova, che nel rito abbreviato viene riconosciuto in capo alla parte pubblica, altro non è se non “una attuazione particolare e rafforzata del diritto alla prova” sancito dall’art. 190 c.p.p., nonché espressione di quel generico diritto del pubblico ministero ad ottenere l’ammissione delle prove a carico dell’imputato, sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico che l’articolo 495, comma 2, c.p.p. riconosce espressamente nella fase dibattimentale e che, solo però limitatamente a tale fase, è addirittura presidiato dall’articolo 606, comma 1, lettera d) c.p.p., il quale fa della mancata assunzione di una controprova decisiva, ritualmente richiesta ai sensi dell’art. 495 comma 2, uno dei cinque tassativi motivi di ricorso per Cassazione. Per prova contraria si deve intendere, a parere della dottrina, quella che sia finalizzata “a negare, anche indirettamente, i medesimi fatti oggetto della prova dedotta dalla controparte”. Mentre la prova diretta viene definita come quella che tende a dimostrare e ad affermare l’esistenza di un determinato fatto, la prova contraria ha invece l’obiettivo di confutare quanto affermato, sostenendo che determinati fatti non si sono invece verificati o introducendo elementi che minano l’attendibilità della persona o della fonte che ha reso determinate informazioni. Da parte della dottrina è stata puntualizzata un’imprecisione linguistica, che confonde tra prova diretta e prova contraria: a rigor di logica, la prova sollecitata dall’imputato avrebbe dovuto essere definita contraria, poiché finalizzata a smontare la piattaforma accusatoria, formata dagli elementi acquisiti dell’organo di accusa, mentre il pubblico ministero si avvarrà di uno “strumento diretto, dato che, per forza di cose, deve sostenere o rafforzare gli accertamenti investigativi che sono stati compiuti, non potendo la prova contraria essere finalizzata a distruggere il proprio operato”. La previsione di tale facoltà in capo all’organo di accusa è finalizzata alla tutela del principio costituzionale di parità delle armi tra accusa e difesa (articolo 111, comma 2, Cost.) e a far si che le stesse possano contraddire <>, ossia confutare e contrastare, mediante prove contrarie, quelle dirette introdotte dalla controparte, al fine di consegnare al giudice una piattaforma probatoria il più possibile completa ed esaustiva, indispensabile per l’adozione di una decisione di merito che voglia perseguire l’obiettivo di accertamento della verità a cui serve il processo penale.

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Integrazioni probatorie nel giudizio abbreviato

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Informazioni tesi

  Autore: Alice Rondinini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Renzo Orlandi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 220

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Parole chiave

prove
giudizio abbreviato
rito abbreviato
integrazioni probatorie
procedura penale
procedimenti speciali
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