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La legislazione sul finanziamento dei partiti in Italia

Considerazioni sulla legge 195/74 e referendum del 1978

Durante il dibattito in sede parlamentare antecedente all’approvazione della legge 195/74 si giustifica la necessità del finanziamento pubblico con argomentazioni di diversa natura. In particolare si ritiene che i criteri ispiratori della legge debbano essere quelli di risolvere il costo della democrazia, limitando le spese entro limiti ben precisi e strettamente indispensabili alla funzionalità del sistema e di porre un freno e colpire ogni forma di corruzione e malcostume in seno all’attività politica, favorendone così la moralizzazione. I sostenitori del provvedimento ritengono, infatti, che lo Stato abbia un “potere-dovere” di garantire al cittadino l’esercizio del diritto riconosciutogli dall’articolo 49 della Costituzione e per far ciò è necessario che i cittadini possano godere dei mezzi necessari per organizzarsi. In sostanza, quindi, il finanziamento pubblico ha lo scopo di consentire ai partiti di adempiere ai compiti che la Costituzione ha loro attribuito, permettendo un affrancamento dalle preoccupazioni materiali in modo tale da non dover più ricorrere a forme di corruzione e finanziamento illecito, né tantomeno a finanziamenti leciti che però, nel lungo periodo, avrebbero potuto condizionare la libertà dell’attività politica con il rischio di porre in secondo piano l’interesse generale a favore di istanze particolari. Ma, come è facile prevedere, il finanziamento pubblico non risolve nessuno dei problemi per i quali questo è stato giustificato dalla gran parte della classe dirigente. L’aspetto più eclatante del fallimento del finanziamento pubblico è relativo all’incapacità di porre fine al sistema di corruzione in atto. La legge prevede il finanziamento pubblico come aggiuntivo, e non sostitutivo ai contributi privati. Ciò permette un incremento nelle spese dei partiti, a cui però non corrisponde un maggior controllo in termini di limitazione dei contributi privati illeciti. Il finanziamento pubblico diviene, dunque, la fonte visibile più significativa dei fondi a disposizione dei partiti, ma vi è omogeneità di opinioni nel ritenere che esso rappresenti solo la punta di un iceberg. Vale a dire che il finanziamento pubblico non garantisce l’indipendenza dei partiti dalle influenze esercitate tramite il denaro da potenti personalità o gruppi, né i dispositivi di controllo dei bilanci e di sanzione si dimostrano efficaci rispetto a quello che è l’obiettivo alla base della legge. Infatti, per quanto concerne il tema del controllo finanziario, il modello di bilancio, così come formulato dalla legge 195/74, risulta “controllato” dai membri interni al partito e dall’intera opinione pubblica attraverso la pubblicazione obbligatoria su un quotidiano di diffusione nazionale o sul giornale ufficiale del partito stesso e ciò per far sì che i cittadini possano ricostruire, almeno a grandi linee, quella che è l’attività politica del partito. Il controllo più incisivo è garantito dai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, i quali possono avvalersi di revisori speciali dei conti; ma questo risulta essere un controllo squisitamente politico che fin da subito suscita perplessità. La legge 195/74, inoltre, più che favorire la libera manifestazione del pensiero e accrescere la mobilità interna al sistema dei partiti, dà vita ad una cristallizzazione e un consolidamento degli apparati partitici e ciò in due modi, l’uno interno al partito stesso e l’altro a livello di competizione interpartitica.

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La legislazione sul finanziamento dei partiti in Italia

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Informazioni tesi

  Autore: Lucia Gullà
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Martino Mazzoleni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 71

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Parole chiave

politica
partiti
politici
finanziamento pubblico
rimborsi elettorali
legge 195/74
legge 659/81
referendum del 18 aprile 1993
contributi statali

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