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La Mediazione Penale minorile: la nuova logica del punire

L'interesse del minore

Il fanciullo merita il massimo rispetto
(D. G. Giovenale, Satire, XIV,47)


Gli anni ’70 segnano la stagione delle grandi riforme che soffermano l’attenzione sull’interesse del minore.
Quest’ultimo nel periodo adolescenziale attraversa fasi di profondi cambiamenti legati alla maturazione fisica, intellettiva ed affettiva i quali, se non opportunamente supportati e accompagnati da fondamentali figure di riferimento, prime fra tutte i genitori, potrebbero creare profondo disagio esistenziale e gravi conflitti interni.
Il minore potrebbe trovarsi esposto, infatti, ad una condizione di rischio evolutivo oppure di stato di bisogno; una situazione che andrebbe a concretizzarsi non necessariamente quando la famiglia versi in fasi critiche, quali ad esempio separazioni e divorzi, e neppure in presenza di atti di abbandono.
Si è in presenza di interruzione del processo educativo nel momento in cui il minore devia, cioè incomincia a tenere comportamenti illeciti.
Pertanto, ogni ipotesi correttiva deve avere come finalità il problema educativo, punto fondamentale della questione della devianza (Moro, 1991).
L’ art. 27 Co. afferma che: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Tendere alla rieducazione significa che la pena, non riuscendo sempre a rieducare il colpevole, deve quantomeno cercare di instillare il rispetto della legalità per evitare che si possa incorrere, in avvenire, in altri reati.
L’attenzione sull’interesse del minore, come sostenuto da De Leo e Patrizi, si è estrinsecata in un percorso piuttosto lungo.
Dapprima si è concentrata su una posizione adulto-centrica, per la quale l’adulto svolgeva compiti di controllo e di gestione ed il minore veniva pensato come un adulto incompleto e incapace (De Leo, Patrizi, 2002).
Successivamente, si è passati ad una posizione definibile puero-centrica, ossia centrata sugli interessi del minore.
Ci si è quindi concentrati sulla funzione di protezione del minore, pronto a ricevere tutto ciò che gli veniva offerto dagli adulti, che avevano il compito di guidare e accompagnare il giovane nel suo percorso di crescita.
Ecco dunque che all’ infanzia veniva data l’ attenzione che meritava.
Oggi, più che mai, la giurisdizione tutela l’interesse del minore ed ha come obiettivo ultimo quello di rieducare il minore reo e di tendere al suo recupero, costruendo insieme a lui percorsi di vita alternativi alla scelta di deviare.
Al soggetto deviante si deve insegnare il rispetto della legalità e fargli capire quali sono i beni e i valori che una norma intende proteggere. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 109 del 1977, ha ribadito che il recupero del minore è un “interesse-dovere dello Stato”.
Sempre nell’interesse del minore la Corte Costituzionale, con sentenza n. 168 del 28/04/1994, ha dichiarato illegittima la norma che prevedeva la pena dello ergastolo per il minore.
Il nuovo processo penale minorile, puntando all’interesse del minore, è pertanto ispirato ai principi della minima offensività e cioè il processo non deve rappresentare un aggravamento della condizione di rischio per il minore.
Nell’intenzione del legislatore, sia il processo che la sanzione penale, devono considerarsi con extrema ratio nei confronti del minore colpevole che, generalmente, deve essere coinvolto in attività fuori dal carcere e quindi allontanato dal processo ed affidato ai Servizi territoriali della Giustizia Minorile.
La sanzione perde valenza retributiva (applicazione della norma al caso concreto) ed acquisisce significato preventivo, ossia rimozione delle problematiche che hanno causato la devianza e, conseguentemente, il recupero del reo.
L’ enfatizzazione della pena detentiva si affievolisce. Il carcere non si è rivelato strumento dissuasivo, ma ha reso sovente difficoltoso o quasi impossibile il recupero.
Ora, al centro del processo si colloca il fattore umano, cioè il minore reo quale interlocutore del giudice e in secondo piano l’ atto criminoso e la pena.
Non si dovrà mai perdere di vista che il minore è portatore di dirittibisogni e che quindi necessita di idonee garanzie sia in ambito familiare che in quello processuale.
L’art. 1, comma 2 cpp., a proposito di interesse del minore, chiarisce che il giudice deve ascoltare sempre l’ imputato, comprenderlo e spiegargli le attività processuali e le ragioni delle decisioni assunte.
L’ esigenza educativa del minore richiede la specializzazione di tutte le figure che operano nel settore penale minorile, a incominciare dai giudici.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La Mediazione Penale minorile: la nuova logica del punire

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Basile
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'Educazione
  Relatore: Maria Garro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 105

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