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Photovoice. Una metodologia di ricerca partecipata centrata sulla comunità

Fotografia ed antropologia

Fin dalla sua comparsa, la fotografia venne ritenuta utile ai fini delle più disparate attività di documentazione scientifica. Naturalisti, geologi, archeologi, viaggiatori, e non solo pittori e ritrattisti, vi ricorsero nelle abituali attività artistiche e di studio secondo l'idea che fosse capace di riprodurre la realtà con maggiore precisione e con minore dispendio di tempo, di risorse e di energia. Quando la fotografia fece la sua comparsa, il giudizio unanime fu quello che essa fosse una copia fedele della realtà. Essa era riuscita, per la prima volta, ad estromettere dalle operazioni di rappresentazione, l'intervento soggettivo dell'uomo. La riproduzione della realtà operata secondo le procedure fotografiche, costituiva una importante testimonianza del sopravvento della società occidentale sulla natura e sulla morte, poiché essa era in grado di rendere memoria. Lo studio scientifico della fotografia è stato dominato dagli storici dell'arte, alla ricerca delle opere più significative di artisti importanti e non. Negli ultimi decenni si sta, però, sviluppando un approccio sociale alla storia della fotografia, in cui le foto sono viste come artefatti socialmente costruiti, che ci possono dare informazioni sia sulla cultura di ciò che è raffigurato, sia sulla cultura del fotografo.Gli antropologi visuali hanno contribuito a questo movimento con le loro analisi storiche della pratica fotografica come parte di una manifestazione della cultura di appartenenza. Questi studi sono un tentativo di considerare il significato delle immagini come costruito nell'incontro fra la cultura dei partecipanti alla ricerca e l'apparecchio fotografico stesso.
Sono appunto le discipline antropologiche, impegnate nelle operazioni di studio di popoli ritenuti "primitivi", che fecero largo uso, nella seconda metà dell'ottocento, della fotografia. Ed è proprio in questo periodo che avvenne un incontro tra antropologia e fotografia. Gli antropologi dunque, strinsero con questo nuovo strumento di registrazione una relazione del tutto particolare. L'antropologia ottocentesca, non sottopose l'uomo soltanto ad una analisi di carattere fisico-anatomico, ma estese le proprie ricerche alla cultura materiale (abitazioni, oggetti d'uso domestico, attrezzi di lavoro, armi, ornamenti, ecc..) ai rituali religiosi, magici ecc.. Compatibilmente con le tecniche dell'epoca, che consentivano di fotografare soprattutto soggetti immobili, la rilevazione fotografica venne utilizzata per fini documentari e probatori sul versante etnografico. La fotografia etnografica è una pratica che si è sviluppata senza una precisa base teorica e metodologia. Fin dal 1890, quando fotografare è diventato relativamente facile, la maggior parte dei ricercatori sul campo ha iniziato a produrre le immagini dei soggetti che studiava. Alcuni etnografi hanno impiegato le fotografie come metodo d'intervista, interessandosi alla risposta indotta dalla presentazione di una certa immagine.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Photovoice. Una metodologia di ricerca partecipata centrata sulla comunità

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Innocenti
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Massimo Santinello
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 156

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Parole chiave

adolescenti
giustizia sociale
cambiamento sociale
community development
thailandia
analisi sociale
sviluppo di comunità
photovoice
cbpr
fototerapia
community based participatory research
ruolo attivo
comunità attiva
presa di coscienza

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