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Aspetti della lessicografia comparata: il Vocabolario della Crusca come modello europeo

L’Ottocento o “il secolo dei vocabolari”

Come affermato dalla lessicologa Della Valle, l’Ottocento è per definizione il secolo dei vocabolari, poiché in nessun altro secolo come nel XIX sono stati mandati alle stampe vocabolari della lingua italiana tanto numerosi e diversificati. Dizionari metodici, storici, settoriali, dialettali, dizionari dell’uso e dizionari dei sinonimi, raccolte puriste di barbarismi ed elenchi di neologismi. Durante il secolo XVIII si verificò un progressivo allontanamento dall’ influente modello della Crusca, con un nuovo interessamento per il lessico tecnico scientifico e dell’uso corrente della lingua; ciononostante c’era anche chi, nei primi decenni dell’Ottocento, riteneva tale modello superato ma affidabile, proponendo una ripresa del fiorentino trecentesco. Le idee puriste sono meglio comprensibili solo se si tiene conto della risposta all’influenza suggestiva, che molti avvertivano come invadente e importuna, che la lingua e la cultura francese iniziavano ad esercitare ad inizio secolo. La figura più rappresentativa della corrente purista, avverso ad innovazioni e rapporti con le lingue straniere, è l’abate Antonio Cesari, ideatore di una nuova versione del Vocabolario della Crusca, nota come la Crusca veronese, pubblicata tra il 1806 e il 1811, arricchita di circa 3.000 nuovi termini. Il Cesari non pretendeva di modernizzare il Vocabolario, bensì rifinirlo e valorizzarlo con l’aumento e l’inserimento di espressioni di scrittori trecenteschi e cinquecenteschi (e sporadicamente anche scrittori di altri secoli). Difatti, il lessicografo veronese, riteneva che «tutti in quel benedetto tempo del 1300 parlavano e scrivevano bene», e che la supremazia della lingua fiorentina del Trecento non derivasse dall’imponenza letteraria dei suoi autori, ma dalla sua insita inimitabilità e limpidezza: con tale convinzione, il Cesari ripropose locuzioni ritenute più valide rispetto a quelle riprese dalla Crusca, aumentò le varianti grafiche e foniche, allontanò gli autori moderni conservando l’ostilità e l’indisponibilità nell’accettare termini tecnico scientifici. Il movimento purista ottenne, in quel periodo, ampia adesione e gradimento, allargando il dibattito sulla lingua, tipicamente destinato ad un ceto sociale colto e benestante, ad un pubblico più vasto. Il primo vocabolario considerato puristico fu elaborato da un burocrate, e non da un lessicografo come invece era sempre accaduto: Giuseppe Bernardoni. Le esagerazioni puriste originarono polemiche e controversie specialmente dal fronte lombardo, antifiorentino e antitoscano dei classicisti, il cui membro più rappresentativo fu Vincenzo Monti, nemico del municipalismo chiuso. È a lui e ai suoi compagni che si deve la critica più forte al Purismo a all’Accademia della Crusca: nella Proposta di alcune giunte e correzioni al Vocabolario della Crusca, stampata a Milano tra il 1817 e il 1826, lo scrittore milanese attaccò la concezione limitata e antiquata degli Accademici, mettendone in discussione la competenza filologica e condannando la scelta degli autori e la censura del lessico tecnico-scientifico. Nella polemica contro il Cesari, che vede nei trecentisti solo «oro purissimo», Monti, concordando col pensiero del classicismo linguistico, considera che le lingue seguendo «le vicende dei popoli e l'avanzamento delle cognizioni, col mutar de'costumi e col crescer delle idee mutano e crescono anch'esse le loro fogge di dire» e che «non pe' morti, ma pe' vivi si ha da scrivere». L’esigenza di un grande vocabolario storico della lingua italiana, da pubblicare subito dopo la realizzazione dell’Unità d’Italia (1861) era particolarmente sentita, e l’editore torinese Giuseppe Pomba incaricò il dalmata Niccolò Tommaseo di elaborarne uno. Il Tommaseo, poeta e scrittore, aveva già dato alle stampe, nel 1830, il Dizionario dei sinonimi della lingua italiana, nel quale importante rilievo era destinato alla distinzione dell’ambito d’uso di ogni voce, con informazioni che ne annunciavano la pertinenza al linguaggio familiare, alla lingua letteraria, a quella parlata. Per di più, considerando gli studi e gli scritti francesi sulla sinonimia, il Tommaseo dubitava dell’esistenza della perfetta sinonimia tra due parole, sostenendo che «non è lecito credere che i così detti sinonimi sempre e interamente sien tali, e il loro significato sia come l’ugual sapore di due gocciol d’acqua della medesima fonte».

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Aspetti della lessicografia comparata: il Vocabolario della Crusca come modello europeo

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Tessarin
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Giovanni Gobber
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 73

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linguistica generale
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