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Il dibattito sulla carcerazione preventiva tra Ottocento e Novecento

Il carcere preventivo e l'opinione pubblica

Secondo l'onorevole Lucchini una delle ragioni per cui il carcere preventivo era da molti considerato una pena morale doveva ricercarsi nel criterio che rimandava all'opinione pubblica.
Il Beccaria, dal suo canto, lamentava le condizioni dell'opinione pubblica, così diversa da quella dei Romani – i quali agli accusati riconosciuti innocenti venivano attribuiti onori -: "Durano ancora nel popolo, nei costumi e nelle leggi sempre di più d'un secolo inferiori in bontà ai lumi attuali di una nazione, durano ancora le barbarie impressioni e le feroci idee dei settentrionali cacciatori padri nostri". A quanti si chiedevano il perché di tanta diffidenza nei confronti dell'individuo, anche quando fosse stato assolto dai tribunali, il Beccaria rispondeva che gli uomini erano persuasi dall'idea che il sistema criminale del tempo si fondasse sul concetto di forza e di prepotenza, invece che su quello di giustizia; perché si "buttavano" nelle stesse celle sia gli accusati sia gli imputati; perché la prigione era da considerarsi un supplizio, più che il luogo di custodia del reo.

Era il trattamento che la giustizia riservava all'uomo, la ragione di quel male così profondamente lamentato da tutti i moderni scrittori : la legge, sforzando i diritti della società, e comprimendo quelli dell'individuo, puniva con la prepotenza prima che non la giustizia. Il pubblico non si soffermava ad indagare se la pena fosse giusta o meno: esso vedeva un individuo buttato in carcere, strappato alla famiglia, agli amici, agli interessi, alla libertà, correndo dietro alla presunzione della legge, e presumendo allo stesso modo che quello fosse realmente colpevole.
A contribuire alla diffidenza dell'opinione pubblica a carico dell'imputato carcerato, era la ‘mistura' che nelle carceri si faceva degli imputati, e di questi con gli stessi condannati, sia per legge sia per arbitrio delle amministrazioni; il pubblico pertanto non guardava per il sottile, essendo l'esterno e l'interno degli edifici carcerari il medesimo, come il trattamento e le cautele verso i detenuti. Così sul prevenuto, giacendo nella sua prigione, esalava un odore di colpevolezza che continuava a crescere circolando tra la gente, accentuato dal misterioso procedere delle indagini. Dal nocciolo dell'imputazione si formava in breve tempo una molteplicità di sospetti. Questo è quello che in genere accadeva, per cui il sistema inquisitorio repressivo, il segreto dell'istruttoria, l'arbitrio del giudice, il carcere preventivo, le false presunzioni legali costituivano i motivi su cui l'opinione pubblica si fondava, in opposizione alla giustizia e all'equità. E soprattutto il carcere preventivo che, violando il più sacro diritto dell'uomo, la libertà individuale, isolava l'imputato da ogni forma di comunicazione con la società, giustificando qualsiasi apprensione del pubblico sulla legittimità o meno degli altri mezzi istruttori.
Secondo il Filangieri, l'atteggiamento dell'opinione pubblica doveva attribuirsi anche alla insufficiente capacità delle leggi di imporre il rispetto dovuto alla giustizia : "E'impossibile infondere nell'uomo la certezza,quando il dubbio l'ha sfrondata,l'ha resa impossibile – è più facile all'umana natura di formare e mantenere cattivi giudizi che buoni, e il carcere preventivo infiltra nel cuore umano il sospetto che l'uomo prevenuto sia stato assolto per difetto di prova legali, ma che qualcosa pur ci dovesse essere se fu inquisito".
L'opinione pubblica doveva considerarsi la coscienza della società, che si manifestava in un modo o in un altro a seconda delle influenze del governo o della legge. Come nota lo Sbarbaro "è una potenza smisurata, la quale di per sé sola basterebbe a farci comprendere l'infinita differenza che corre dal mondo moderno all'antichità, e di quali profonde trasformazioni sieno suscettibili tutti gli ordini della vita pubblica e privata dei popoli e delle nazioni. Essa può tanto edificare quanto distruggere. Stiamo bene in guardia, se non vogliamo vedere distrutto il senso morale e condotti a perdizione i nostri costumi a mezzo delle fallaci istituzioni".

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il dibattito sulla carcerazione preventiva tra Ottocento e Novecento

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Informazioni tesi

  Autore: Madeleine Makabu
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Aurelio Cernigliaro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 160

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