Il pensiero di Severino Boezio alla luce di una recente monografia
Possibilità razionale dell’unità essenziale e della molteplicità personale
L’occasione di dedicarsi alla teologia trinitaria fu data dall’Oriente cristiano; per rendere meglio il contesto nel quale scrisse Boezio, riferisco brevemente quanto riportato dallo stesso Lluch-Baixauli circa i contrasti sorti all’interno della Chiesa intorno alla questione trinitaria e cristologica, soprattutto dopo i concilii di Efeso (431) e di Calcedonia (451) che avevano condannato rispettivamente le dottrine di Nestorio (il quale concepiva oltre alla duplice natura, divina e umana, anche una duplice persona in Cristo, e giungeva ad affermare che Maria fosse la madre della persona Cristo-Uomo e non madre di Dio) e monofisita, sostenuta soprattutto da Eutiche (dottrina che sosteneva lo sola natura divina nel Cristo Incarnato).
Rimasero tuttavia i contrasti, che si ripercossero, soprattutto in Oriente, sull’unità dell’impero. Nel 482 l’imperatore bizantino Zenone, preoccupato per la ribellione dei monofisiti in Siria e in Egitto, emanò, su suggerimento del patriarca di Costantinopoli Acacio, l’Henotikon o Editto di unione in cui si cercava un compromesso tra monofisismo e dottrina cattolica. L’adesione all’editto fu imposta con la forza ai vescovi recalcitranti, tanto eutichiani (monofisiti) quanto cattolici, pena l’esilio e la proscrizione. I vescovi perseguitati portarono le loro lamentele a Roma e il papa Felice II nel 484 scomunicò Acacio, dando origine allo scisma tra Chiesa d’oriente e Chiesa d’occidente che durò fino al 519, allorché l’imperatore Giustino ne decretò la fine. Diversi tentativi di conciliazione furono fatti dal 484 al 519.
In particolare, nel 512, a seguito di una lettera inviata da vescovi orientali, papa Simmaco indisse una riunione «nella quale parteciparono i personaggi più responsabili sia del mondo ecclesiastico che civile». Presente fu lo stesso Boezio che proprio in seguito a tale assemblea scrisse il Contra Eutychen et Nestorium.
Nel 519 giunsero a Costantinopoli monaci sciti, che sulla falsariga di Pietro Fullone, «acerrimo monofisita», sollecitavano l’autorità religioso-politica di Bisanzio all’accettazione della formula cristologica teopaschita, proclamante la sofferenza di Cristo-Dio in croce. Riporta Lluch-Baixauli: «più che una difesa esplicita del monofisismo, i monaci sciti adducevano una tradizione teologica preconciliare, che poteva conciliarsi con quella di Cirillo di Alessandria, e che essi desideravano vedere riconosciuta come ortodossa nel contesto dottrinale stabilito da Calcedonia».
I monaci attenuarono la formula teopaschita unus de Trinitate crucifixus est, che mostra l’origine eutuchiana, con unus de Trinitate passus est carne, formula «utilizzata contro Nestorio, figurante nell’ Henotikon, e che manifesta un’attenuazione della precedente espressione e una volontà di accordo. Essi ottennero l’approvazione bizantina, ma non quella dei legati romani presenti; così si recarono a Roma.
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Il pensiero di Severino Boezio alla luce di una recente monografia
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Penna |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Mauro Letterio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 49 |
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