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Utilizzo del rotifero Brachionus calyciflorus in ecotossicologia

Sensibilità dei rotiferi agli inquinanti organici: reazioni ai fattori di stress naturali

L'ecotossicologia, in un'accezione più estesa, può comprendere anche i fattori fisici (calore, radiazioni), chimici e biologici, sia di origine naturale che antropogenica, potenzialmente come fattori inquinanti e/o contaminanti (Radix P. – Severin G. – Kettrup A., 2002).
Per inquinante o contaminante ambientale si intende una sostanza chimica
presente a livelli di gran lunga superiori rispetto a quelli considerati normali per una particolare componente ambientale.
Il problema è capire cosa di intende per "normalità".
La "normalità" varia, infatti, in funzione dell'inquinante che viene considerato: per i pesticidi la normalità è la loro completa assenza, mentre per i composti quali i metalli pesanti, gli idrocarburi policiclici aromatici (PAHs) e il metilmercurio [Hg(CH3)2] la normalità potrebbe anche essere la presenza, ma a concentrazioni nettamente inferiori di quelle naturalmente presenti nell'ambiente (D.Lgs. 152/2006).
Quindi, anche se particolarmente sfumata, è necessario fare la distinzione tra "inquinanti" e "contaminanti":

• INQUINANTE: composto che può causare effettivamente un danno ambientale;

• CONTAMINANTE: composto che, pur presente a livelli superiori a quelli normali, NON comporta alcun danno.

I fattori di stress naturali possono essere, oltre alla temperatura e alla salinità, che rappresentano i primi veri fattori di stress per l'ambiente acquatico e per i microrganismi che ne fanno parte, pressione idrostatica, ozono e, quindi, radiazioni, che hanno dimostrato raggiungere livelli significativi in molte acque dolci ed ecosistemi marini (Breitholtz M. – Ruden C. – Hansson C.O, 2006). L'ozono (O₃) viene normalmente prodotto nell'atmosfera quando i fotoni ultravioletti dissociano la molecola di ossigeno in atomi liberi che, a loro volta, collidendo con altre molecole di ossigeno formano la molecola O₃; è una molecola che viene dissociata dai raggi ultravioletti (restituendo O₂ + O), oppure è anche capace di riformare ossigeno nella collisione con gli atomi di ossigeno liberi (O₃ +O = 2 O₂).

L'ozono, però, costituisce un problema perché si assiste ad una progressiva diminuzione nella parte superiore dell'atmosfera causata dalla degradazione dell'ozono stesso, soprattutto per reazione con i cloroflorocarburi (CFC), rilasciati dall'uomo nell'ambiente attraverso l'uso, per esempio, di bombolette spray e, in misura minore, con altri inquinanti antropogenici. Ciò porta ad inevitabili effetti dannosi diversi tra organismo e organismo che si possono comunque sempre ricondurre all'azione dei raggi UV e più specificamente ai raggi UV-B. Dato che queste radiazioni vengono assorbite da pochi strati di cellule (logicamente quelle più superficiali), gli organismi di dimensioni maggiori sono più protetti degli esseri più piccoli, come quelli unicellulari. In effetti gli organismi marini che costituiscono il fitoplancton e lo zooplancton e che giocano un ruolo cruciale nella catena alimentare marina, sono estremamente sensibili. Sulla base di alcune ricerche effettuate da Preston e Snell (2001), è stato dimostrato che gli invertebrati, tra cui i rotiferi, ed in particolar modo Brachionus calyciflorus, hanno aumentato la loro sensibilità nei confronti del penta cloro fenolo (PCP); ma, da un successivo aumento della sua tossicità (del 10% circa) avuta da parte dei raggi UV-B, sembra che tali organismi siano al limite della massimo di tolleranza nei confronti delle radiazioni UV. Così, anche un piccolo e leggero aumento nei livelli degli UV-B potrebbe comportare un cambiamento estremamente negativo nella varietà, nella quantità e nello sviluppo degli organismi presenti nelle acque (con una riduzione, in particolare, del 90% dello sviluppo e conseguente fallimento riproduttivo di Brachionus) e, per questa ragione, avere ripercussioni su tutta la comunità presente nelle acque (Dahms H. – Lee J., 2010). In definitiva, le radiazioni ultraviolette negli ecosistemi acquatici, hanno portato mortalità aumentata dei microrganismi presenti, produttività ridotta e inefficienza fisiologica.

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Utilizzo del rotifero Brachionus calyciflorus in ecotossicologia

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Informazioni tesi

  Autore: Ivano Petriccione
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Seconda Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Scienze biologiche
  Relatore: Margherita Lavorgna
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 49

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Parole chiave

ecotossicologia
tossicità acuta
progesterone
rotifero brachionus calyciflorus
tossicità cronica

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