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Gli insediamenti eremitici nella Toscana senese tra XI e XIV secolo

Insediamenti eremitici nelle colline senesi

Gli studi sull’eremitismo in Toscana non sono sviluppati e le considerazioni che seguiranno sono dedotte soprattutto dall’esemplificazione della Tesi.
Da quanto affermato da Odile Redon1 i frati che appartenevano agli eremi di Montespecchio, Rosia, San Leonardo al Lago, Sant’Antonio al Bosco e Sant’Antonio di Ardenghesca seguivano usi generici senza obbedire a una particolare regola fino agli anni ‘40, quando assumono la regola di Sant’Agostino. Per la Toscana infatti è con la bolla Incumbit nobis del 1243 che viene decisa la prima “augustinizzazione” delle congregazioni eremitiche. Solo l’eremo di Sant’Antonio di Ardenghesca vive una storia diversa, rimanendo di pertinenza guglielmita.

Osservando attentamente l’ubicazione degli eremi sopra le colline, ad altitudini che oscillano con costanza tra i 300 e i 430 metri, la loro costruzione su ripiani di versanti boscosi dominanti torrenti o laghi e non molto lontani dal centro abitato si coglie l’aspetto di novità di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo. È infatti evidente che gli eremiti del pieno Medioevo non fuggono il contatto con la società, ma lo mantengono vivo incentivandolo.
Gli eremi, come la maggior parte dei monasteri medievali, nascono grazie a donazioni fatte dai signori locali. Le motivazioni di queste donazioni riguardano per lo più il desiderio dei cosiddetti Potentes di “essere più certi di buone e valide preghiere in cielo”3. Questo comporta chiaramente dei risvolti pratici in quanto l’eremo mantiene i rapporti con il signore donatore che il più delle volte consistono nello scambio e compravendita di terreni. Così accade per l’eremo di Montespecchio che può essere preso a modello per tutti gli altri eremi perché rappresenta un ente di notevole importanza nella società contemporanea.
Lo studio dei siti eremitici metterà inoltre in evidenza la presenza al loro interno di piccole comunità, aspetto che si deduce facilmente dalle ridotte dimensioni delle chiese degli eremi che potevano ospitare al massimo una trentina di individui.
Da quanto detto si nota che in Toscana si verificò una vasta diffusione di congregazioni eremitiche, forse più numerosa rispetto al resto della penisola. Questa considerazione deriva dall’osservazione degli avvenimenti che nel 1244 portarono la Santa Sede ad unificare gli eremiti sotto l’unica regola di Sant’Agostino. Ciò è inoltre avvalorato dalle bolle pontificie sulle quali non si trovano menzionati altri eremiti se non quelli presenti nella Tuscia e nelle zone limitrofe, considerando tra essi anche i Camaldolesi e i Vallombrosani. Purtroppo gli studi su questo fenomeno sono assai limitati e la penuria delle fonti non permettono di ricostruire interamente le vicende. Ciò porta comunque a fare due considerazioni: la natura degli eremiti dei secoli XI-XIII inizialmente laici e successivamente consacrati li caratterizza come ristrette comunità e non permette loro di avere vasta risonanza anche l’assenza di figure carismatiche. Inoltre oggi gli eremi si trovano in completo stato di abbandono rendendone difficile l’interpretazione. La seconda considerazione riguarda il movimento dei Guglielmiti, filone eremitico che segue la regola di San Benedetto, il quale ha lasciato un segno nella storia della Chiesa.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gli insediamenti eremitici nella Toscana senese tra XI e XIV secolo

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Informazioni tesi

  Autore: Paola Pozzessere
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1998-99
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia dell'Arte
  Relatore: italo Moretti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 142

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