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Effetti distributivi dell'Iva e comportamento di consumo delle famiglie italiane

Gli effetti distributivi dell'Iva in Italia

Tradizionalmente l'imposta sul valore aggiunto viene considerata, come le altre imposte indirette gravanti sui consumi, un'imposta con effetto regressivo. Questo perché, quando si prende la quota percentuale di reddito che un individuo ad alto ed uno a basso reddito devono pagare per l'Iva, la quota del secondo risulta maggiore di quella del primo, ossia la parte del suo reddito prelevata dal fisco è proporzionalmente maggiore di quella prelevata all'individuo col reddito più alto, anche se, ovviamente, quest'ultimo paga di più in termini assoluti. Ciò accade perché, essendo l'Iva applicata ai prezzi dei beni e servizi in vendita, colpisce solo la parte del reddito che gli individui scelgono di destinare al consumo. La parte di reddito destinata a risparmio non viene invece colpita dalla tassazione indiretta, mentre lo è dalla tassazione diretta come l'Irpef, che tassa il reddito in quanto tale, e non in relazione alla sua destinazione a consumo o a risparmio.
Quanto maggiore quindi è la quota di reddito risparmiata, tanto minore sarà la quota destinata a consumi colpita dall'Iva. Dato che esiste un limite minimo di consumi
– chiunque, per quanto povero, ha bisogno di un certo ammontare di cibo, di un'abitazione, di certi beni e servizi necessari – una persona a basso reddito non potrà destinarne molto al risparmio, dopo aver fatto gli acquisti irrinunciabili. Un elevato risparmio è dunque associato ad una buona disponibilità di reddito, che permette di sostenere sia le spese necessarie che, eventualmente, altre meno necessarie e di riuscire comunque a metterne da parte una certa misura.
Ciò che si vuole dimostrare con la prima parte di questo lavoro è che, se invece del reddito si prende il consumo come indicatore di benessere, la situazione può cambiare completamente: l'Iva potrebbe risultare un'imposta progressiva, in grado cioè di colpire con percentuali maggiori i consumi elevati dei ricchi. Questo effetto deriva dal disegno dell'imposta. In Italia sono oggi applicate tre aliquote diverse, che corrispondono al 4%, al 10% e al 21% del prezzo (ma in questo capitolo si utilizzerà ancora l'ultima aliquota al 20%, vigente prima della riforma intervenuta a fine estate sulla quale ci si soffermerà nel terzo capitolo). Nel precedente capitolo si sono descritte le categorie di beni rientranti sotto di ognuna: tra i beni colpiti dall'aliquota c.d. "super ridotta" del 4% si trovano gran parte degli alimentari e le spese per l'abitazione e le utenze domestiche. Si tratta, come già detto, di spese necessarie, perché nessuno può vivere senza nutrirsi in una certa misura e, tralasciando situazioni di povertà estrema, tutti hanno bisogno di una casa allacciata alla rete elettrica, idrica, del gas.
Da questa struttura delle aliquote deriva che, se è vero che i poveri concentrano la maggior parte degli acquisti in beni e servizi necessari, l'incidenza totale dell'imposta su costoro sarà minore rispetto a quella gravante su un ricco che può permettersi di destinare una grossa quota dei suoi consumi a spese di lusso o, semplicemente, ad un individuo con tenore di vita medio che può permettersi una certa eterogeneità nelle scelte d'acquisto, comprando quindi in misura maggiore beni a cui si applicano le aliquote superiori.
In ultimo, per l'analisi sui consumi si considererà il loro livello come una buona proxy del tenore di vita (e del reddito) di ogni famiglia: ad alto reddito corrisponderà alta spesa, anche se, considerando la possibilità di ricorrere al mercato del credito o alla vendita del proprio patrimonio, è possibile che anche una famiglia a basso reddito possa, temporaneamente, sostenere alti consumi. Tralasciando questo caso particolare, si parlerà di famiglie povere quando esse avranno bassi consumi, di famiglie ricche nel caso opposto. Si parlerà inoltre, indifferentemente, di consumo e di spesa.
La verifica di queste affermazioni sarà svolta attraverso l'analisi dei dati sui consumi delle famiglie suddivise in diverse classificazioni elaborate attraverso Stata: per decili di consumo, per area geografica di residenza, per titolo di studio, condizione professionale, classe d'età del capofamiglia e numero di componenti. Tutte le spese e i relativi livelli d'Iva riportati di seguito sono stati moltiplicati per 12, allo scopo di riportarli all'anno.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Effetti distributivi dell'Iva e comportamento di consumo delle famiglie italiane

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Marmiroli
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Politica
  Relatore: Massimo Baldini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 219

FAQ

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