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Analisi degli strumenti pianificatori consensuali fra Pubblica Amministrazione e privati

Piani e convenzioni di edilizia residenziale pubblica

La tipologia di piano orientato più importante e tradizionale è certamente quello dell'Edilizia Residenziale Pubblica. Per due motivi innanzitutto: la rilevanza dell'interesse sociale tutelato e, per la prima volta nell'ordinamento, la diretta possibilità di derogare le previsioni di un PRG. Quest'ultimo elemento è particolarmente rilevante se si pensa che la legge istitutiva è la numero 167/1962, in tutta evidenza risalente nel tempo, testimoniante quindi una necessità di intervento già percepita, tanto da contenere anche altri meccanismi facilitativi la sua approvazione. Lo scopo era (ed è) quello di assicurare il diritto alla casa dei meno abbienti, inquadrando l'intervento urbanistico all'interno di un assetto strutturale organizzato ed allacciato ai servizi della città, in modo da evitare interventi edilizi disomogenei ed il conseguente fenomeno della "ghettizzazione" della periferia.
L'attuazione del piano di zona in discussione dovrà avvenire attraverso programmi costruttivi che, sia enti pubblici che privati, saranno contenuti ed eseguiti attraverso convenzioni con la P. A., in modo da assegnare ai destinatari alternativamente il diritto di superficie od il diritto di proprietà delle aree.
Gli interventi legislativi intercorsi, così come gli aspetti problematici dell'attuale disciplina, sono andati moltiplicandosi. Inizialmente, al fine di capire l'odierna incidenza del privato non solo nell'esecuzione ma anche nella pianificazione dei piani di edilizia sociale, si intende sostenere la categorizzazione di accordo sostitutivo della convenzione in esame. Tale presa di posizione, oltre che per la
simultaneità ed inscindibilità del provvedimento con la convenzione, e per la somiglianza dei due modelli di attribuzione dei diritti edilizi, trova ulteriore fondamento nella tendenza esecutiva della prassi amministrativa: la preventiva espropriazione delle aree incluse nel piano di zona, ritenuta obbligatoria dalla legge, viene spesso aggirata ed anticipata dalle amministrazioni attraverso al stipula della convenzione direttamente con i proprietari delle aree stesse. La pratica è a tutt'oggi avversata dalla giurisprudenza costituzionale, essendo essa convinta che il modulo procedimentale di assegnazione dell'articolo 35 legge n. 865/1971 non sia integrabile con accordi sul contenuto del provvedimento, data da una parte la capacità (attualmente forse più teorica che reale), ma soprattuto la previsione letterale del meccanismo espropriativo come unico strumento per la realizzazione delle finalità stabilite dalla legge rispetto i piani di edilizia residenziale pubblica. Tuttavia la stessa Suprema Corte sembra indicare la via al legislatore nazionale: "La infondatezza della questione non preclude una diversa valutazione del parlamento, che consenta, nella discrezionalità delle opzioni legislative, di perseguire gli stessi "motivi di interesse generale", ma avvalendosi di altri strumenti, parimenti efficaci, differenti da quello espropriativo". La legislazione regionale, anche in questo caso, può fungere da catalizzatore delle spinte derivanti dalla prassi, come nel caso dell'articolo 49, comma 5, della legge n. 11/1999 dell'Abruzzo, il quale prevede precisamente l'eventualità appena prospettata, classificando la convenzione come accordo sostitutivo. I termini del problema risultano quantomai attuali alla luce della legge nazionale numero 244/2007 (finanziaria 2008), dato che essa, ai commi 258 e 259 dell'articolo 1, introduce nell'ordinamento urbanistico l'edilizia residenziale pubblica come standard urbanistico, in aggiunta alle aree indicate dal DM n. 1444/1968. Tale previsione sgancia la materia dai tradizionali piani attuativi Peep, collegandola direttamente all'urbanizzazione del territorio. Le trasformazioni delle aree, indicate nei piani territoriali come "ambiti" in cui deve essere presente l'edilizia residenziale pubblica, saranno subordinate alla cessione a titolo gratuito di percentuali di esse da parte dei privati, in base al fabbisogno locale ed in relazione all'entità edificatoria dell'intervento. La misura minima di standard di edilizia sociale è lasciata alla contrattazione pubblico-privata, scambio regolato autonomamente dalle leggi regionali. A questo punto appare chiaro il superamento del metodo espropriativo, almeno nel suo ruolo di strumento cardine per perseguire gli scopi di edilizia residenziale pubblica. Nel contesto disegnato attualmente, infatti, spetta alle Regioni ed alla contrattazione pubblico-privata regolamentare ed eseguire le finalità sociali stabilite dalla legge, evitando di configurare, all'interno della logica consensuale, disparità di trattamento riguardo la riallocazione dei diritti edificatori.

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Analisi degli strumenti pianificatori consensuali fra Pubblica Amministrazione e privati

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Informazioni tesi

  Autore: Riccardo Del Lungo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Alfredo Fioritto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 109

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