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John Cassavetes. Un cinema vitale.

Deleuze, Welles e Cassavetes.

Le immagini di Cassavetes sono come un elastico teso a formarsi con la stessa densità del reale, straripano oltre la “zona riservata” dove il film dovrebbe contenersi nello spazio e nel tempo, sono in perenne fibrillazione. Non è solo la frenesia di un frazionamento della scrittura che moltiplica le inquadrature corte e i falsi raccordi, ma è una palpitazione anche interna al piano, investito dalla caducità, dall’instabilità a definirsi compiutamente, in continua metamorfosi, che assorbe il dualismo tra piano-sequenza e montaggio. Questa perdita di centro, che già Deleuze riscontrava in Welles, coinvolge in prima misura l’oggetto principe del cinema di Cassavetes: i rapporti tra i personaggi, che si tramutano in puri rapporti di forza. Questo fatto segna un’affinità quasi sorprendente tra i due cineasti (tra l’altro a Cassavetes sarebbe piaciuto lavorare con il suo collega), soprattutto nell’interpretazione che Deleuze fa di Welles alla luce della filosofia di Nietzsche. Il filosofo francese notava come Welles facesse subire un cambiamento fondamentale alla nozione di centro, ricreando nel mondo moderno una trasformazione di pensiero prodottasi nel XVII secolo: questo fu l’età barocca per eccellenza, inseparabile da quel che si chiama classico, dove la nozione di verità attraversava una crisi definitiva. La domanda fondamentale allora era diventata: “Esiste un qualunque centro, o non esiste affatto?”, conseguenza del crollo di tutti i centri di configurazione. Il prezzo di ciò fu una profonda evoluzione delle scienze e delle arti.
Da una parte, il centro diveniva puramente ottico, il punto diveniva punto di vista. Questo “prospettivismo” non si definiva affatto con la variazione dei punti di vista esterni su un oggetto supposto invariabile (l’ideale del vero sarebbe conservato). Qui, al contrario, il punto di vista era costante, ma sempre interno ai diversi oggetti che si presentavano quindi come la metamorfosi di una sola e medesima cosa in divenire. Era la geometria proiettiva, che installava l’occhio alla sommità del cono e ci forniva “proiezioni” variabili come i piani di sezione, cerchio, ellisse, iperbole, parabola, punto, rette, dato che l’oggetto stesso era soltanto, al limite, la connessione delle proprie proiezioni, la collezione o la serie delle proprie metamorfosi. Prospettive o proiezioni, è questo a non essere più né verità né apparenza. (Deleuze)
Questa trasformazione del punto di vista sulle cose è parallela a quella che si crea nel passaggio a una seconda età del cinema, un cambiamento verso una nuova consapevolezza dei propri mezzi, verso una diversa considerazione dell’illusione cinematografica. Se nel cinema classico la molteplicità dei punti di vista manteneva un oggetto invariabile e lo sguardo su questo esterno ad esso, la modernità è passata anche attraverso questo spostamento del punto di vista all’interno degli oggetti, cioè, in Cassavetes, all’interno degli attori. La mobilità del cinema di Cassavetes è prospettica, o proiettiva, ogni personaggio è portatore di una sua verità e il film è tutto nella marcatura consistente, dolorosa anche, di queste differenze, e nella loro possibilità, o impossibilità, di contatto. Faces si chiudeva con l’inconciliabilità della coppia, stretta in un impressionante piano lungo seduta sulle scale dell’appartamento di casa, poi lasciato vuoto, come loro, dopo il doppio tradimento che li unisce nella presa di coscienza del malcontento nei confronti della loro situazione: “Detesto la mia vita”, sarà una delle ultime frasi di Lynn Carlin - Maria Frost rivolta al marito, dopo che questi scopre che ha appena passato la notte con un uomo più giovane di lei (e dopo che lui è appena rientrato dalla nottata passata con Jeannie, la prostituta d’alto bordo interpretata da Gena Rowlands). Altri film del regista saranno più ottimisti sulla coppia messa in scena, come Minnie e Moskovitz e Una moglie. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

John Cassavetes. Un cinema vitale.

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio Marascio
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Giulia Carluccio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 156

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