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La biomassa: una FER a rapido sviluppo. Studio della filiera a oli vegetali e sulla sostenibilità ambientale ed energetica dei biocombustibili.

Biocarburanti e biodiversità

Abbiamo già visto come la direttiva 2003/30/CE sui i biocarburanti pone tra i suoi criteri di sostenibilità l’obbligo di promuovere solo quei biocarburanti che consentono una riduzione delle emissioni di gas serra almeno del 35%. L’altro criterio di sostenibilità evidenziato nel quinto allegato della direttiva sulle energie rinnovabili RED (V RED Annex) ha a che fare con la biodiversità, o meglio, la diversità genetica delle specie che vivono sul nostro pianeta; la direttiva europea dice chiaramente che: “la produzione di biocombustibili non deve avvenire su terreni ad alta biodiversità e incontra dei limiti per le aree protette e quelle sotto conservazione”.
Dunque l’obiettivo stabilito è quello di evitare che la produzione di biocarburanti deteriori gli ambienti più ricchi di specie animali e vegetali e i terreni più vulnerabili, aggiungendo che non devono scaturire svantaggi o perdite economiche per le popolazioni locali che vivono a ridosso di quelle aree coperte dalle foreste. Tuttavia, guardando gli esempi di gestione dei biocarburanti che oggi vengono promossi in molte parti del pianeta, ci scontriamo con una realtà ben diversa e purtroppo molto lontana dall’obiettivo politico fissato a livello di UE.
Esistono molti studi internazionali che evidenziano come la crescita della produzione di biocarburanti mondiali vada aumentando i gravi impatti già associati alla deforestazione mondiale in merito alla perdita di biodiversità e habitat pristini naturali, come le grandi foreste pluviali del globo e causandone degli altri, relativi a inquinamento del suolo e dell’aria, alterazioni della fertilità dei suoli (Sala et al.). Anche la Convenzione sulla Biodiversità (CBD) ha denunciato come la produzione di biocombustibili stia minacciando direttamente mediante la conversione delle foreste in monocolture e varie piantagioni, gli equilibri ecosistemici, e quindi anche il numero di specie animali, vegetali che ci vivono (CBD, 2008).
Oggi le più grandi estensioni di campi di palma da olio, soia e canna da zucchero le troviamo al posto delle grandi foreste pluviali tropicali del Brasile, dell’Indonesia, Malesia e Borneo, delle paludi di torba e delle grandi savane tropicali come il Cerrado.
Ed è proprio tale espansione del regime di monocoltura a scopo energetico in aree non agricole ad essere molto criticata e denunciata da esperti e varie Organizzazioni Internazionali nel mondo.
I motivi sono facilmente individuabili, in quanto toccano un patrimonio, quello della biodiversità o diversità genetica delle specie animali, vegetali che oggi è fortemente minacciato soprattutto dalle attività antropiche.
Nelle grandi foreste pluviali del pianeta vivono, infatti, più di due terzi delle specie vegetali e animali terrestri; zone come il Cerrado brasiliano o il Pantanal boliviano o la foresta del Borneo, rappresentano degli “hotspots” straordinari in termini di biodiversità ed ospitano i più alti tassi di specie vegetali e animali al mondo. Ad esempio, il Pantanal boliviano, la zona umida più grande al mondo e grande meta migratoria per gli uccelli ospita da sola circa 650 specie di uccelli, quasi 200 specie di mammiferi, 50 specie di rettili, più di 1100 specie di farfalle, 300 specie di pesci. Anche il Cerrado, la savana più ricca biologicamente nel mondo mostra tassi di biodiversità altissimi; secondo l’organizzazione non profit - Conservation International - è sede, di circa 10.000 specie di piante (4.400 delle quali sono endemiche), 195 specie di mammiferi, 607 uccelli, 225 rettili, 186 anfibi e 800 specie di acqua dolce, ma attualmente sta letteralmente scomparendo a causa dell’avanzata delle piantagioni di soia. L’espansione delle colture ha reso oggi il Cerrado una tra le regioni meno protette sul nostro pianeta; il Fondo Mondiale della Natura (WWF) stima che attualmente meno del 3% del territorio sia coperto da legge.
In queste regioni tropicali e subtropicali, gli incentivi economici che vengono garantiti per convertire intere aree di ecosistema naturale, per far spazio alle piantagioni per biocarburanti, stanno di fatto aumentando il tasso di deforestazione e la perdita di biodiversità (FAO, 2008). Secondo l’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, proprio per il luogo in cui vanno ad operare, la produzione di biocarburanti si disegna da sola quindi come uno dei peggiori esempi contemporanei di una “produzione agricola”, mancanti di ogni criterio di sostenibilità (UNEP, 2008).
Pur non essendoci al momenti dati e stime precise sul contributo che le coltivazioni per biocombustibili apportano rispetto al tasso di deforestazione mondiale, esistono parecchi studi che hanno esaminato gli effetti attuali e potenziali della perdita di biodiversità a causa di cambiamenti nell'uso del territorio legato per esempio alle piantagioni di palma e soia. Un recente studio dello Smithsonian Tropical Research Institute ha stimato che la conversione delle foreste a Panama in piantagioni di palma da olio potrebbe portare ad una diminuzione dell'80% nei gruppi di grandi animali (ScienceDaily, 2009c). Mentre secondo Koh et al. (2009) gli effetti sulla biodiversità delle piantagioni di palma da olio in Malesia (in particolare insetti e uccelli) non sarebbero conteggiabili. Le associazioni ambientaliste come WWF e The Borneo- Orangutan Survival Foundation sono già parecchi anni che avvertono come molti animali come l’orango, la tigre asiatica di Sumatra e gli elefanti indonesiani sono a grave rischio di estinzione, in quanto tutti gli areali per la loro sopravvivenza vengono progressivamente deforestati e sostituiti dalle piantagioni di palma da olio (WWF, FAO, 2009).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La biomassa: una FER a rapido sviluppo. Studio della filiera a oli vegetali e sulla sostenibilità ambientale ed energetica dei biocombustibili.

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Informazioni tesi

  Autore: Luca De Girolamo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Sviluppo, Ambiente e Cooperazione
  Relatore: Giangiacomo Bravo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 212

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Parole chiave

sostenibilità ambientale
canna da zucchero
oli vegetali
produzione e consumo mondiali di biomassa
eroei (energia ricavata su energia consumata)
deforestazione, perdita di biodiversità
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