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Il caso Moro e gli intellettuali

“Lettera alle Brigate Rosse” di Elsa Morante

Tra le carte inedite di Elsa Morante sono stati ritrovati tre fascicoli. Il primo, un quadernetto di otto pagine, datato 1945, contiene un lungo appunto sulla fucilazione di Mussolini e della sua amante, Claretta Petacci. Il secondo è un breve diario degli anni Cinquanta. Il terzo, un album da disegno, è intitolato: Lettera alla Brigate rosse, e reca la data 20 marzo 1978.
Il testo, rimasto inedito fino al 1988, precede di un mese l’appello che il papa, Paolo VI, rivolse alle Brigate rosse il 21 aprile 1978.

So che la presente mia lettera, a ogni giudizio obiettivo e attuale non può apparire se non un vaniloquio ridicolo, idiota e scandaloso; (oltre che agli effetti pratici, un campione senza valore). E tale, anzitutto, apparirà ai miei presunti destinatari. Ma in certe ore estreme quando l’intelligenza non serve più, non resta che seguire i movimenti della propria coscienza disperata, anche se non vengono esclusivamente dalla ragione e se, purtroppo, si è consapevoli della loro inutilità.
Rivolgendomi a voi brigat. (rimosso l’orrore per la mia natura di fronte a ogni violenza mi farebbe ammutolire) io mi sforzo di non dubitare, almeno, che voi crediate in piena fede ai motivi da voi
dichiarati per le vostre azioni ; ossia che voi siate davvero, ai vostri propri occhi, dei rivoluzionari. Confesso che dato l’uso che ne è stato fatto nella storia fino a tutt’oggi, mi ripugna ormai di ripetere la parola rivoluzione (e fin di pronunciarla). Però questa parola, per quanto stuprata e tradita, in se stessa mantiene il suo significato primo e autentico: di grande azione popolare al fine di instaurare una società più degna. Ora, su questa chiara definizione, sono state sventolate troppe bandiere equivoche.
E il primo equivoco è stato di scrivere, su queste bandiere, il motto nazionale: Il fine giustifica i mezzi.
Questo principio (non per niente sventolato da Benito Mussolini e da suoi simili per le loro ‘rivoluzioni’) è sicura insegna di falsità. Anzi la verità sta nel suo rovescio: I mezzi denunciano il fine. Ora, i mezzi di cui vi servite attualmente corrispondono a un modello riconoscibile e preciso: quello stesso che distrusse le più oscure ‘rivoluzioni’ del nostro secolo, e che si fonda su un carattere basilare: il totale disprezzo per la persona umana.
Una società instaurata nel totale disprezzo della persona umana, qualsiasi nome voglia darsi, non può essere che oscenamente fascista: e può disporre oggi, inoltre, di tali mezzi da raffinare ancora, se possibile, i propri metodi tradizionali. Da una simile società ormai non possono nascere che generazioni di castrati e servi. Non crediate dunque di rendervi credibili auspicando il peggio , in nome di chi sa quali catarsi successive.
Voi per la vostra giovane età, non avete sperimentato sulla vostra carne la storia di questo secolo. Forse non l’avete abbastanza studiata (nemmeno quella più recente) e contate sull’ignoranza e l’inesperienza di altri giovani per farne i vostri seguaci. Voglio credere che non vi rendiate conto della corruzione che potreste esercitare così, sulle loro coscienze, né delle conseguenze innominabili che ne ricadrebbero su di loro.
A chi per caso avesse letto i miei ultimi libri, sarebbe nota quale stima io faccia delle società istituite. Ma per quanto inerti e corrotte possano venir giudicate certe società presenti, io mi auguro di non vivere abbastanza per assistere a nuovi totalitarismi.


Scrivendo la sua lettera alle Brigate rosse, Elsa Morante non pensa in termini storici, tuttavia è ben cosciente del fatto che con quel rapimento qualcosa è cambiato per sempre. Quello della Morante è un testo duro, in cui la scrittrice espone la propria filosofia della vita umana ed esprime un aspro giudizio sui giovani delle Brigate rosse. Il primo equivoco di questi “rivoluzionari” è il medesimo di Mussolini, e più in generale della storia italiana: “Il fine giustifica i mezzi”. Uccidendo gli uomini della scorta e sequestrando Aldo Moro, i brigatisti hanno dimostrato “il totale disprezzo per la persona umana”. Il senso “creaturale” della Morante – che non va confuso con l’umanesimo, ma anzi ne è il rovescio, si esprime in un passo cassato, ma riportato nella trascrizione, che inizia con queste parole: «Chi disprezza la persona umana, e non se ne vergogna, disprezza, per primo, la propria persona». La Morante si riferisce alle uccisioni e ai ferimenti degli “indifesi” causati dalle Brigate rosse. Per lei «Le società instaurate sotto il disprezzo della persona umana, qualsiasi nome prendano, non possono essere che fasciste». Da simili società, «nascono necessariamente delle generazioni di castrati e di servi».
La scrittrice non ha alcuna fiducia nella Storia, tuttavia ricorda ai brigatisti che a causa della loro giovane età essi non hanno sperimentato sulla loro carne la storia di questo secolo, né sembrano averla studiata. Voi, scrive, «contate sull’ignoranza e l’inesperienza di altri giovani per farne i vostri seguaci». La chiusa, autobiografica, contiene un giudizio politico, molto netto: «A chi per caso avesse letto i miei ultimi libri, sarebbe nota quale stima io faccia delle società istituite. Ma per quanto inermi e corrotte possano venir giudicate certe società presenti, io mi auguro di non vivere abbastanza per assistere a nuovi totalitarismi».
Le brevi pagine che Elsa Morante dedica alle Brigate rosse confermano la notevole statura morale e intellettuale di questa narratrice per nulla inferiore a quella di Pasolini. Anzi, la coerenza e la radicalità della Morante sono superiori a quelle dell’autore degli Scritti corsari, rispetto a cui sconta il difetto di una minor presenza nelle polemiche giornalistiche e letterarie dell’epoca, di un isolamento che solo i libri degli anni Settanta rompono con improvvisi e terribili squarci.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il caso Moro e gli intellettuali

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Bernardini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Editoria e scrittura
  Relatore: Carlo Serafini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 143

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