Teresa de Manzanares e il ruolo del denaro nella vita della pícara

La lettura del romanzo di Castillo Solórzano ci permette di analizzare il contesto socioeconomico del periodo in cui è ambientata la storia della pícara Teresa. Vediamo quindi, interpretata secondo il punto di vista conservatore dello scrittore, la vita di una ragazza dalle vergognose origini che si affaccia nella società barocca, spinta dal desiderio di migliorare la propria condizione. Se oggi quest’ambizione può essere considerata legittima, all’epoca dell’autore la sola idea che un soggetto “deviante” potesse aspirare a una posizione di prestigio doveva apparire utopica, se non sacrilega, espressione del tentativo di sovvertire l’ordine sociale imposto da Dio stesso.

Ogni corrente ascensionale doveva essere bloccata, ogni possibilità di affermazione doveva essere preclusa a coloro che non godessero dei privilegi di nascita, che non riuscissero a dimostrare la loro limpieza de sangre. Lo stato di crisi sociale in cui versava la Spagna dell’epoca ha come prodotto i picari, poveri e vagabondi, ladri occasionali e truffatori, i quali sono disprezzati e tenuti ai margini nella società degli “integrati”, costretti a cercare mezzi illeciti per perseguire i propri sogni di gloria, ma immancabilmente destinati al fallimento.

Se la storia del pícaro sembra segnata dall’inevitabilità dell’insuccesso, nella vita della pícara di Castillo intravediamo invece un barlume di speranza, uno spiraglio che viene aperto dal potere del denaro nella società chiusa del Seicento. È il denaro che rivela un varco nella gerarchia degli “estamentos”, che diventa una merce di scambio a tutti i livelli in una Spagna ormai marchiata da “sconfitta, indebolimento, decadenza”.
Proprio in questo periodo infatti, si inizia a prendere coscienza della crisi in cui versa il paese e dell’indebitamento costante della Corona; nemmeno gli immensi tesori provenienti dalle Indie sembrano riuscire a ripianare il debito spagnolo, tanto che oro e argento vengono “spesi prima ancora di giungere a destinazione”, assorbiti prevalentemente dal mantenimento degli eserciti, impegnati sia nella guerra dei Trent’anni che nelle Fiandre: sono gli anni dei banchieri genovesi, delle bancarotte dello Stato, di un popolo stretto nella morsa della povertà.

È così che tra le pagine de La niña de los embustes si fanno largo l’hidalgo impoverito e l’indiano arricchito, le due facce di una stessa medaglia che ricorda l’incertezza economica di un paese sull’orlo del baratro, dove la nobiltà è fatta schiava dall’onore e guarda immobile il sopravanzare della rovina, mentre l’emigrazione nelle Americhe sembra essere divenuta l’unica strada per il successo.