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Il multiculturalismo australiano: passato, presente e futuro

La crisi del multiculturalismo in Australia

Nonostante l’impegno dimostrato dai governi di Whitlam, Fraser, Hawke e Keating nello sviluppo e nell’istituzionalizzazione del multiculturalismo, questa politica conoscerà una notevole battuta d’arresto a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. I governi del liberale John Howard, in carica dal ‘96 al 2007, e la breve ma significativa parabola del partito nazionalista di Pauline Hanson sono i segnali più evidenti della fine di un periodo di sostegno bipartisan verso questa politica. Inoltre, il persistente scetticismo verso l’immigrazione asiatica e la più recente ostilità nei confronti di immigrati di origine islamica, acuitasi in particolar modo dopo l’11 settembre, dimostrano lo scarso supporto di cui la politica multiculturale godeva in questo periodo.

Questi episodi sono riconducibili ad una mai sopita fantasia di supremazia coltivata dagli Australiani di origine anglo-celtica (Hage 2000). Tale fantasia, ispirata al periodo dell’assimilazionismo, configura la comunità bianca come gruppo dominante anche durante l’epoca del multiculturalismo. In quest’ottica, il gruppo anglo-celtico ricopre il ruolo di soggetto e relega tutti gli altri gruppi etnici al ruolo di oggetti.
Gli Australiani bianchi che possiedono uno spirito di appartenenza non solo passiva, ma anche “governativa” nei confronti della nazione, si sentono legittimati a contribuire alla gestione della nazione stessa. Il loro scopo è quello di tenere sotto controllo e bilanciare la composizione etnica della società, e impedire che le diverse comunità di immigrati acquisiscano una volontà propria, facendo in modo che si limitino, invece, ad occupare la posizione a loro destinata all’interno della fantasia della supremazia bianca.

Questo tipo di ideologia non può essere ritenuta propriamente razzista, in quanto non si basa su convinzioni di superiorità razziale. Si tratta bensì di una pratica nazionalista, in quanto il suo scopo è quello di attuare una gestione del territorio, che sia coerente con l’ideale di nazione presente nell’immaginario degli Australiani bianchi. Essi si sentono in potere di intervenire sulla società multiculturale al fine di realizzare la loro fantasia di supremazia, ma l’intervento stesso è in primo luogo istigato dalla perdita della posizione dominante che essi occupano all’interno di tale fantasia (Hage 2000).

Portavoce di questa istanza di disagio all’interno della comunità australiana anglo-celtica è il partito nazionalista guidato da Pauline Hanson.
In seguito al governo laburista di Keating, caratterizzato da tratti filo-asiatici e impegnato nella riconciliazione con i popoli aborigeni, si è verificato un ritorno delle forze populiste reazionarie, alla cui guida si è posto il One Nation Party di Pauline Hanson (Ang 2001).
Tuttavia, lo scetticismo nei confronti del multiculturalismo era ormai presente nella società australiana dagli anni Ottanta. In particolare, il noto professore e storico Geoffrey Blainey aveva sollevato la problematica dell’immigrazione asiatica in vari suoi discorsi e articoli a partire dal 1984, giungendo poi alla redazione di un volume, “All for Australia”, dedicato allo stesso argomento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il multiculturalismo australiano: passato, presente e futuro

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Fuligni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Sandro Mezzadra
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 54

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