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Psicosi con-divisa: la soggettivazione filmica della schizofrenia

Cinema e schizofrenia. Tracce psicotiche nell'enunciazione filmica

Il percorso introduttivo alla psicosi schizofrenica condotto nel capitolo precedente permette ora di affrontare la questione da un punto di vista cinematografico, attraverso un'analisi comparata di un corpus di testi audiovisivi che trattano l'argomento utilizzando differenti strategie enunciazionali e che permettono di osservare la soggettivazione della schizofrenia da una pluralità di prospettive. In questa sezione si tenterà una disamina delle configurazioni discorsive afferenti a ciascuno dei film analizzati, lasciando all'ultimo capitolo il compito di affrontare uno studio comparativo degli aspetti più rilevanti emersi dalle analisi.

Il corpus cinematografico che si è deciso di approfondire comprende tre testi filmici: Diario di una schizofrenica, girato da Nelo Risi nel 1968, A Beautiful Mind di Ron Howard e Spider di Cronemberg, usciti rispettivamente nel 2001 e nel 2002. Il primo prende spunto dall'omonimo testo di Marguerite Sechehaye, che racconta la vicenda reale di una ragazza affetta da schizofrenia che s'incammina sulla via della guarigione grazie all'aiuto della propria psicoterapeuta; il secondo si rifà invece all'esperienza vissuta dal matematico statunitense John Nash, che al culmine della propria carriera viene colpito dalla psicosi ed è costretto ad affrontare trent'anni di cure psichiatriche prima di potersi reinserire nella società.

Per quanto riguarda il caso di Spider, la genesi del testo filmico presenta alcune specificità sulle quali è doveroso soffermarsi prima di effettuarne una disamina. Innanzitutto, il film non si costruisce attorno alla figura di un personaggio reale, come nei casi precedentemente analizzati, ma nasce dalla trasposizione cinematografica di un romanzo, l'omonimo Spider di Patrick McGrath. Nonostante la dimestichezza dell'autore con l'ambiente psichiatrico (McGrath passò gran parte della sua infanzia nel manicomio criminale dove il padre lavorava come psichiatra), occorre tenere presente lo statuto finzionale dell'opera, e dunque l'attribuzione arbitraria, anche se non necessariamente meno realistica, dei tratti psicotici del protagonista. In secondo luogo, è necessario precisare che all'interno del discorso filmico la diagnosi di schizofrenia non viene mai esplicitata, benché accennata all'interno del romanzo, il che denuncia la volontà di lasciare da parte il caso clinico per concentrarsi maggiormente sull'esperienza umana, lasciando all'attività interpretativa il compito di colmare il vuoto cognitivo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Psicosi con-divisa: la soggettivazione filmica della schizofrenia

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Rognoni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM)
  Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
  Corso: Comunicazione, media e pubblicità
  Relatore: Pierluigi Basso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 65

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