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Figli di madri tossicodipendenti: un percorso già segnato? Fattori di rischio e di protezione dei bambini in età scolare

Comunità: fattore protettivo?

Possiamo ora effettivamente cercare di rispondere alla domanda da cui eravamo partiti, per farlo bisogna anzitutto fare una distinzione: il termine comunità è stato usato per identificare differenti tipologie di strutture, con finalità e orientamenti specifici. Le ricerche cliniche che si sono susseguite nel corso degli anni si sono concentrate su diversi aspetti che possono, in qualche modo, influire sullo sviluppo di un soggetto che cresce e si forma come individuo in un contesto “diverso” come quello della comunità. La comunità è storicamente e culturalmente, un luogo educativo ambivalente: “protetto ed esposto al tempo stesso” (Vitale, 2010, p.2).
È un luogo protetto in quanto nasce con lo scopo prioritario di accogliere, proteggendo e tutelando, bambini e/o adulti in crisi offrendo uno spazio “alternativo” alla famiglia e al contesto d’origine, o a soluzioni di “istituzionalizzazione estreme” (come gli istituti appunto). Ma è anche un luogo “esposto” al rischio. Non è chiuso ermeticamente al suo interno ma è inserito in un determinato contesto dal quale è inevitabilmente influenzato.
Quando parliamo di comunità che accolgono bambini, togliendoli da situazioni familiari che altrimenti metterebbero a rischio il loro percorso evolutivo, possiamo e dobbiamo anzitutto fare delle distinzioni, considerando appunto quella che è l’organizzazione della struttura che li va ad accogliere. Nel panorama nazionale, oggi, si può parlare di:
- Comunità come ISTITUTO; la regola base qui è “la vita comunitaria”, dove le relazioni che si instaurano tra gli utenti e gli operatori sono essenzialmente scanditi dalla quotidianità della vita, appaiono piuttosto artificiali e seguono le necessità del momento non consentendo così, lo sviluppo dell’autonomia e della progettualità personale.
- Comunità come OSPEDALE; nella quale domina la mentalità “sanitaria”. La comunità diventa un luogo dove la preoccupazione prioritaria è l’intervento terapeutico-curativo e si presenta come un servizio offerto a chi “sta male”.
- Comunità come SCUOLA; dove ciò che scandisce i ritmi della quotidianità è un’organizzazione di tipo didattico, dove il bambino impara fin da subito che ad una certa ora dovrà seguire un determinato corso, scelto per lui, e che ci sono tempi ben determinati per alzarsi, mangiare, giocare e dormire. È simile se vogliamo, all’organizzazione della vita in un istituto. La parola chiave, anche in questo tipo di contesto, resta “l’organizzazione e la gestione del tempo dei ragazzi”.
- Ci sono infine delle comunità che cercano di funzionare come una FAMIGLIA, dove ciò che domina è la “razionalità affettiva”. Questa è sicuramente la dimensione da promuovere per rendere la comunità un luogo che riesca a vicariare le problematiche del contesto d’origine del bambino accolto. Il rischio più grande è quello di creare una specie di nicchia sostitutiva alla famiglia, senza però averne effettivamente le caratteristiche per farlo.
La comunità dovrebbe essere letta invece, come uno spazio temporaneo di convivenza, un luogo di contenimento, che diventi familiare al bambino, organizzato e regolato sulla base dei principi della cura e dell’aiuto per la persona, un luogo caratterizzato da affettività ed emozione. Solo assumendo queste caratteristiche la comunità diventa un “luogo di vita” che concorre positivamente allo sviluppo dell’individuo. (Vitale, 2010).
Purtroppo gli studi ancora oggi dimostrano come molte delle comunità presenti siano organizzate come degli istituti, e come questo abbia degli effetti negativi per lo sviluppo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Figli di madri tossicodipendenti: un percorso già segnato? Fattori di rischio e di protezione dei bambini in età scolare

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Informazioni tesi

  Autore: Sarah Chreyha
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Alessandra Simonelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 135

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