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Il ruolo delle emozioni nell’acquisizione di una seconda lingua: l’abbandono della lingua madre come fuga dal passato nell’opera di Helga Schneider

Il senso di colpa riflesso: un filo scuro che unisce l’opera di Helga Schneider e di Bernhard Schlick

La follia del Nazismo ha portato il popolo tedesco ad inneggiare al culto del capo, tutto confluiva nella figura di Hitler. Privo di debolezze, appariva grazie all’opera della propaganda, nascondeva ogni sua debolezza e malattia. La propaganda aveva convinto il popolo tedesco che la grande Germania aveva perso la Prima Guerra Mondiale per colpa degli ebrei, e tutti ci credevano perché non accettavano l’idea della sconfitta, necessitavano di un capro espiatorio. Durante la Seconda Guerra Mondiale Il popolo tedesco viveva nel terrore. All’estero passava l’immagine di una nazione invincibile, ricca e serena.

Ma tutto questo non era altro che la falsa costruzione della propaganda, che condizionava il popolo con un’infinita serie di leggi, che danneggiava persino coloro che appartenevano alla cosiddetta razza ariana. Il Terzo Reich, che era la macchina di controllo, persino, sulla stessa popolazione tedesca era succube del regime nazista, che li derubava per macchinare un’assurda guerra. Ancor oggi la Germania si ritrova a doversi sentir rimproverare colpe passate, che l’attuale generazione non ha commesso. Helga Schneider, nonostante appartiene alla generazione post-bellica, sente su di sé il peso delle scelte dei suoi genitori e si sente colpevole di qualcosa che non ha commesso.

Il senso di colpa la spinge a mettersi nei panni degli ebrei a raccontare anche le loro tragedie. È proprio per via del senso di colpa, esperienza quasi quotidiana per la scrittrice, che la scrittura assurge pressoché a comportamento riparativo. Il rimorso e il riconoscimento delle sofferenze provocate dal Nazismo hanno spinto la scrittrice al confronto con le vittime di questo scempio ponendosi in una posizione empatica. Il ruolo del senso di colpa diventa quindi positivo e costruttivo. Durante la guerra i tedeschi hanno dimostrato un’incredibile bravura nell’anestetizzare le proprie coscienze, tanto che, usciti da quegli anni di annientamento e degradazione morale, e rovina economica e materiale, non sembravano aver subito grandi danni psicologici.

L’idea che il popolo tedesco abbia attivato nel periodo postbellico un meccanismo di rimozione perfettamente funzionante, è un utopia. La realtà è ben diversa, la società era psichicamente stordita e sofferente per le numerose perdite umane, per la distruzione delle loro case, per l’assenza di cibo e per il dolore subito, il terrore delle bombe e le violenze. La guerra aveva devastato le famiglie (come la famiglia della Schneider), ucciso figli e padri, lasciato vive vedove.
La madre della scrittrice aveva investito anima e corpo alle presunte idee rivoluzionarie di Adolf Hitler che prometteva di elevare la Germania a una potenza mondiale dominante, e si è ritrovata a morir in completa solitudine, senza alcun conforto di calore familiare e con la convinzione di aver avuto un percorso di vita dignitoso. Già nel 1995 Bernhard Schlink nel suo romanzo semiautobiografico Der Vorleser, tradotto in circa quaranta lingue, ha posto l’attenzione sul senso di colpa (Schuldfrage), sulla ricerca di riscatto di un'intera generazione di innocenti, costretti a vivere con lo spettro di crimini atroci non commessi da loro, ma per cui sentono enormi responsabilità.

Questo brano è tratto dalla tesi:

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Informazioni tesi

  Autore: Dayana Borzomì
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e Letterature Straniere
  Relatore: Rossella  Pugliese
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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immigrazione
emozioni
helga schneider
scrittori migranti
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