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La questione delle moschee in Italia e in Europa come problema di certezza del diritto

La questione della chiamata alla preghiera

Una problematica strettamente connessa alla costruzione di moschee e, ancor più, a quella di minareti, è quella dell’adhan, che il muezzin solitamente recita dall’alto del minareto, attraverso alcuni altoparlanti, allo scopo di richiamare i musulmani alle preghiere obbligatorie. Nonostante la chiamata alla preghiera presenti un impatto (peraltro, fortemente simbolico) sullo “spazio acustico” di ciascun Paese europeo, non si può affermare che essa costituisca una questione spinosa di intensità paragonabile a quella della costruzione delle moschee. Non è una coincidenza, infatti, che molto spesso siano le comunità musulmane stesse a rinunciare volontariamente alla costruzione dei minareti (rinunciando, così, implicitamente alla chiamata alla preghiera): questo perché è ampiamente diffusa l’idea che essa abbia senso solo se inserita in un contesto islamico, in quanto connessa con un dovere religioso, ma che abbia molto meno senso se esportata da questo tipo di contesto, nel quale ha poca importanza dal punto di vista pratico. Spesso, i musulmani si rendono conto che insistere sulla questione significherebbe creare ulteriori problemi di dialogo con le autorità locali, che potrebbero ostacolare la concessione dei permessi necessari per costruire. Nonostante questo, però, il valore simbolico della chiamata alla preghiera rimane immutato ed è forse ancora più forte, in quanto rappresenta un’esplicita dichiarazione di esistenza e di riconoscimento dell’Islam nello spazio pubblico europeo.
L’adhan rimane, ad oggi, comunque, nella maggior parte dei Paesi d’Europa, una pratica rituale che si svolge all’interno della moschea.

Non tutti gli ordinamenti dei Paesi europei presentano norme specificamente dedicate alla chiamata alla preghiera ed, in queste evenienze, essa risulta essere regolata sulla base delle disposizioni che riguardano il suono delle campane delle chiese o, più in generale, i rumori (è questo il caso, ad esempio, dell’Italia, del Belgio, della Danimarca, della Francia). L’unico Paese in Europa ad aver regolato giuridicamente la chiamata alla preghiera è rappresentato dai Paesi Bassi, mediante una legge emanata nel 1987. La municipalità può limitarne la durata e l’intensità. Solitamente essa non è permessa cinque volte al giorno: ad Amsterdam, ad esempio, la si può eseguire solo il venerdì. Similmente anche in Austria (per il Centro Islamico di Vienna) e in Norvegia (con un limite di 60 decibel) l’adhan è udibile solo il venerdì.

In Germania, due documenti, uno approvato e pubblicato dall’Ufficio Federale per Stranieri (Bunderauslaenderbeauftragte) nel 1997 e l’altro dalla Federazione Municipale e Comunale tedesca (Deutscher Staedte-und Gemeindebund) raccomandano l’eguale trattamento tra le campane di una chiesa e la chiamata del muezzin e concludono stabilendo che quest’ultima è parte del diritto costituzionale di libertà religiosa. Dall’altro lato, però, l’uso degli altoparlanti è tollerato solo se indispensabile allo svolgimento della pratica religiosa: la protezione costituzionale riguarda, quindi, solo l’adhan e non l’uso di altoparlanti. Ma, mentre una chiamata alla preghiera eseguita senza altoparlanti è difficilmente udibile, questo problema non riguarda le campane delle chiese. Da questo punto di vista, la disposizione non crea, quindi, un effettivo eguale trattamento tra adhan e campane.

Nel Regno Unito, infine, la chiamata alla preghiera è spesso permessa, seppur con qualche restrizione, che dipende soprattutto dal fatto che essa sia eseguita in un quartiere etnico o meno. Ad esempio, nel caso della moschea situata nel quartiere di East London (un distretto dal forte carattere etnico), la decisione di permettere l’adhan ha suscitato numerose proteste, giustificate, inter alia, da lamentele riguardanti l’eccessivo rumore causato dalla stessa (una ragione tutt’altro che credibile dato il contesto); grazie anche all’appoggio della chiesa anglicana locale, è oggi permessa due volte al giorno.

Se confrontiamo, quindi, il tema della costruzione/apertura delle moschee con quello dell’adhan, è palese che quest’ultimo sia, almeno per il momento, meno centrale ed importante. A nostro avviso, però, la chiamata alla preghiera costituirà un importante terreno di scontro e di confronto tra i musulmani e le diverse municipalità europee, quando il diritto di avere un luogo di culto per tutte le minoranze religiose, sotteso a tutte le Costituzioni dei Paesi d’Europa, sarà davvero rispettato e le moschee ed i minareti entreranno stabilmente a far parte dello spazio pubblico europeo. Allora, e non oggi che il problema principale è rappresentato dalla costruzione stessa di moschee e minareti, l’adhan potrebbe divenire una questione dibattuta; allora, ancora una volta, ci si troverà davanti al problema di guardare alla questione con la lente dell’equità (e, quindi, applicando all’adhan una normativa simile a quella che regola il suono delle campane delle chiese), ovvero con quella della specificità, assegnandole un trattamento diverso e speciale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La questione delle moschee in Italia e in Europa come problema di certezza del diritto

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Informazioni tesi

  Autore: Ilaria Grassi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Politica internazionale e diplomazia
  Relatore: Rossella Alessandra Bottoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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italia
europa
islam
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