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La rivolta tunisina e i nuovi media: un caso di indagine qualitativa.

WikiLeaks: una spinta decisiva agli eventi o semplice comparsa?

Un altro aspetto di cui si è discusso molto e il cui ruolo va ancora esplorato approfonditamente è l’apporto di WikiLeaks in contesti di forti limitazioni delle libertà come lo erano Tunisia ed Egitto. Da quando documenti riservati statunitensi, francesi, italiani furono divulgati sotto forma di cablos nel sito di Julian Assange, ci si chiede se questi ultimi abbiano effettivamente rivoluzionato le relazioni diplomatiche, stravolgendole forse per sempre.

Violando i protocolli di riservatezza di molti documenti, WikiLeaks ha messo a disposizione d’internauti e liberi cittadini documenti riservati, permettendo loro di prendere visione di una considerevole quantità di materiali secretati, in seguito ripresi con sempre maggiore risalto da grandi testate giornalistiche mondiali e media mainstream. Fondata verso la fine del 2006, WikiLeaks ha raggiunto la notorietà globale in quattro ondate nel corso del 2010: la prima in aprile, con la diffusione di un video del 2007 (intitolato Collateral Murder) che mostra l’assassinio di almeno dodici civili iracheni e due giornalisti della Reuters, in un attacco condotto da due elicotteri militari USA, seguita dai documenti militari della guerra in Afghanistan (91.000 file) e poi di quella in Iraq (391.000 file), episodi eclissati dalla quarta ondata con la pubblicazione di oltre 250.000 cablogrammi relativi al personale diplomatico statunitense (Lovink, 2012:288).

Tra i migliaia di cablos presenti in WikiLeaks ve ne sono anche alcuni riferiti alla Tunisia, presto ribattezzati TuniLeaks. In un articolo del gennaio 2011, dal titolo “The first WikiLeaks revolution?”, la giornalista Elizabeth Dickinson s’interrogava se la rivoluzione tunisina potesse essere definita una rivoluzione ispirata da WikiLeaks e certamente, ad oggi, al riguardo le ricerche di settore non sembrano essere arrivati ad una conclusione.

Quando le azioni di Julian Assange salirono alla ribalta dei media, il Governo Ben Alì non esitò a rendere inaccessibile ai residenti in Tunisia il suo sito, con conseguente rivalsa degli hackers di Anonymous. Ciò significa che l’allora Presidente tunisino temeva gli effetti di WikiLeaks e le sue rivelazioni. È altresì vero, però, che nell’ambito di un regime di tipo autoritario, com’era quello tunisino, la censura preventiva era un sistema largamente diffuso e non certo una extrema ratio utilizzata dinanzi ad un pericolo imminente, quale poteva essere ipoteticamente stimato WikiLeaks.

Va inoltre tenuto in considerazione quali fossero le informazioni riservate che venivano divulgate nei cablos inerenti la Tunisia. Le vicende legate agli intrighi e alla corruzione della moglie di Ben Alì, Leila Trabelsi, erano ampiamente diffuse nell’opinione pubblica tunisina e nella rete. Si trattava quindi d’informazioni di cui, in larga parte, si era ampiamente a conoscenza. Certamente, WikiLeaks ha fornito la conferma definitiva di molte torbide vicende, evidenziando anche l’opinione smaccatamente negativa che le grandi democrazie mondiali avevano della presidenza Ben Alì. Quest’ultima può essere stata una scoperta interessante per i cittadini tunisini.

D’altronde Ben Alì si è avvantaggiato da sempre dei favori di buona parte dell’establishement politico occidentale, per via del suo spiccato laicismo e dell’apertura economica che ha caratterizzato la sua presidenza; era quindi difficile pronosticare che godesse di così poca stima anche da parte di Governi apparentemente compiacenti verso la sua leadership.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La rivolta tunisina e i nuovi media: un caso di indagine qualitativa.

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Informazioni tesi

  Autore: Anthony Quaggetto
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Comunicazione pubblica e politica
  Relatore: Cristopher Cepernich
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 214

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